Gli ex Pm si scannano sul "Fatto". E De Magistris prepara la fuga

Intervista doppia sul quotidiano: il magistrato di Catanzaro attacca, Tonino si giustifica. Un quarto del partito pronto a seguire i "puri". Il nuovo eroe dei manettari polemico con il compromesso del leader. Travaglio è con lui

RomaIl processo è iniziato sull’house organ dell’Italia dei Valori, ossia Il Fatto di Padellaro & Travaglio. Intervista doppia. Ma bisogna scordarsi la leggerezza delle Iene. Qui sembra di sentire il martello del giudice nell’aula di giustizia. A sinistra Luigi De Magistris, a destra Antonio Di Pietro. Anche la grafica ha un significato subliminale, a volte esplicitamente allusivo.
Uno contro l’altro: l’ex Pm di Catanzaro che sfoga risentimento e rabbia, il padre padrone dell’Idv che spiega e quasi si giustifica. L’uomo di lotta e l’uomo che vuol diventare «di governo». Il ribelle e l’ex giustizialista che si fa garantista. De Magistris che scalda la base, che cerca le alleanze nelle pieghe del dissenso più estremista; Di Pietro che corteggia come «una bella donna» il Pd, si inchina alle regole del compromesso con la candidatura dell’inquisito Vincenzo De Luca in Campania. Del resto l’ha ammesso al Congresso di Roma: si è stancato di stare all’opposizione. Il sogno di Tonino è governare.
De Magistris e Di Pietro danno risposte opposte. Man mano che le due interviste procedono, si ha l’impressione di due linee divergenti, che più avanzano, più si allontanano. La visualizzazione della voce che gira nei palazzi politici: De Magistris potrebbe strappare, andarsene dall’Italia dei Valori. E portarsi dietro l’ala girotondista, gli uomini di lotta, più i grillini naturalmente. Si dice un quarto del partito.
Alla Camera per ora non confermano ma nemmeno smentiscono con sufficiente decisione: «Niente di nuovo», spiegavano ieri fonti dell’Idv. E del resto proprio a Montecitorio Di Pietro ha nel suo capogruppo Massimo Donadi un fedelissimo e ultrarefrattario alle spinte più rivoluzionarie. I quadri sono con il capo, ma la base?
La base ribolle, già si intravede la polvere di una pericolosa guerra civile. Logico che un Di Pietro garantista faccia orrore ai purissimi dell’Idv, e dunque al Fatto. Nel processo di carta, Marco Travaglio ha chiesto il suo rinvio a giudizio (di De Luca e quindi di Di Pietro): il lungo articolo di requisitoria sul sindaco di Salerno si chiude con una bastonata: «E ora chi ha stomaco forte lo elegga pure governatore della Campania».
Il momento cruciale ha un nome: «la svolta di Salerno». Adesso bisogna scegliere da che parte stare.
De Magistris, non bisogna dimenticarlo, non è nemmeno iscritto al partito: «Come mai non ho preso la tessera? - risponde nell’intervista al Fatto - la domanda andrebbe girata a Di Pietro». Poi lancia messaggi di incorruttibilità, forse con una leggera sopravvalutazione: «Ai giovani dico: sappiate che in me potrete continuare a vedere un faro che rischiara la notte in attesa dell’alba che verrà». Si lamenta addirittura dell’orario scelto per il suo intervento al Congresso: «Inspiegabilmente anticipato a venerdì pomeriggio». Polemico, stizzoso.
E dall’altra parte? A destra, Di Pietro parla come un avvocato. Ogni tre righe bisogna tornare indietro a rileggere perché non ci si crede: «Dal punto di vista legale, De Luca è innocente fino a fine processo...». Alla domanda di Luca Telese: «È un compromesso?», Tonino ammette: «Sì», anche se si giustifica con una metafora della nonna: «La situazione era: o mangi la minestra o salti dalla finestra».


Sul blog ieri molti iscritti l’hanno mandato a quel paese: «Io sto con de Magistris», si congeda Luca Savelli. «Il mio pensiero è con De Magistris», si schiera pure Massimo Dedola. Ci sono anche quelli che non mollano Tonino, però in tanti scrivono che non lo voteranno più. Insomma, è il caos.

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