Ferruccio Repetti
Pensava, come tanti del resto, che la chiesa, la casa di Dio, fosse un luogo sicuro, l’unico forse, ormai, a prova di malintenzionati. Per questo - erano da poco passate le sei di sera, e la parrocchia nel centro di Chiavari pareva deserta - lui, un quarantenne del posto, si è messo a pregare in assoluto raccoglimento, estraniandosi dal mondo terreno per concentrarsi su quello divino. Nemmeno un’occhiata distratta a quello che c’è intorno, nemmeno un cenno del capo, dunque, verso quell’ombra che si avvicina in silenzio, appena appena frusciando: come fanno le ombre - tutt’altro che fantasmi! - dei malintenzionati. È un attimo: l’Ave e il Gloria restano strozzati in gola, letteralmente. Due mani stringono il collo come una morsa, attanagliano l’uomo in preghiera e lo riportano bruscamente sulla terra, a fare i conti con l’ordinaria violenza di questo mondo. L’aggredito subito non riesce a capire, poi accenna a una reazione, cerca di divincolarsi. Ma l’altro, l’aggressore, usa la forza e sfrutta la sorpresa, quanto basta per sfilare il portafoglio e darsi alla fuga. Rassegnarsi? Neanche per idea. «E non mi pare nemmeno il caso di offrire l’altra guancia, meno ancora l’altra tasca» pensa l’offeso, che per quanto pio non si considera micco. Difatti abbandona per sempre il raccoglimento e si lancia a inseguire il rapinatore. Il quale, intanto, ha attirato l’attenzione di alcuni passanti, anche per via di quella corsa trafelata e, mettiamoci pure, di quella fisionomia che non può passare inosservata: carnagione olivastra, tratti inequivocabilmente magrebini, abiti da immigrato clandestino.
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