La fabbrica della paura funziona così. Joaquin Almunia, commissario europeo allEconomia, parla al German Marshall Fund e cerca di non drammatizzare. Sorride, non nasconde i rischi, ma dice che lEuropa ce la farà. «Possiamo aspettarci altre crisi, anche nella zona euro, ma siamo attrezzati per contrastarle». I piani di salvataggio sono pronti, anche per chi sta peggio, come Ungheria, Lettonia e Romania. Il tono di Almunia è niente panico. È chiaro, aggiunge, che ci sono Paesi che in passato non hanno fatto gli sforzi necessari, quelli con un grosso debito e pochi margini di manovra. È un discorso vecchio. Anche Tremonti vorrebbe abbassare le tasse, ma non può. LItalia ha un passato di welfare sprecone e «capitalismo di Stato». Questa è la colpa dei padri che cade sulla testa dei figli. E la stanno pagando, da tempo. Cosa cè di nuovo? Nulla. Le parole di Almunia finiscono nel tritacarne di quelli che sognano lapocalisse economica. E vai con la paura: «LItalia tra i Paesi a rischio». LItalia come la Grecia. LItalia in bilico. LItalia che non ce la fa. LItalia appestata, prossimo focolaio della crisi. LItalia ventre molle, come quelli che stanno peggio.
Il giorno dopo tocca ad Amelia Torres, portavoce di Almunia, smentire, chiarire, svelare la fabbrica della paura. «Almunia non ha detto quello che leggo su Repubblica. Articoli tendenziosi e non molto responsabili. La situazione è abbastanza seria e i mercati sono così nervosi che non è proprio necessario rincarare la dose». Qualcosa, a quanto pare, si è perso nella traduzione. Il sospetto è che gran parte della stampa italiana abbia preso la crisi dal lato oscuro, nero. E gli stessi italiani si chiedono se questa lunga litania che dura da mesi, di titoli sempre più cupi, tragici, senza rimedio, sia la realtà o uno specchio deformato, che vede il futuro più nero della mezzanotte. Titoli così. «Allarme cassaintegrati: più 553%. Bankitalia vede nero» (Repubblica, 2 marzo). «Gli scenari neri dellFmi: declino giapponese» (Corriere della Sera, 16 marzo). «Fmi, il peggio deve ancora arrivare» (Repubblica, 20 marzo). «Si salvi chi può» con la foto di un salvagente (LUnità, 30 novembre). È una colonna sonora da tutti a casa, da 8 settembre, da fallimento, da Titanic che affonda. E poi, allinterno, pezzi di costume sullamore al tempo della crisi, sulla riscoperta del vintage, vestiti usati e mercatini, diete da grande depressione e parcheggi vuoti, perché con la crisi nessuno più va al lavoro con la macchina. Non ci sono più soldi per pagare le multe?
Questo è lorizzonte. Chi ci salverà dalla peste economica? Nessuna via duscita. Il mondo può anche resistere, ma lItalia è condannata perché segnata da un peccato originale, metafisico. LItalia di Berlusconi non merita alcuna speranza. È come se questa crisi fosse una maledizione (o benedizione) del cielo che viene a colpire un governo sconsacrato. Muoia Berlusconi con tutti i filistei. Non importa se questi, i filistei, hanno famiglia, figli, una vita da mandare avanti.
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