Roma - Per le donne è l’uomo della prima volta. A teatro s’intende. Negli anni ha fatto debuttare Lucrezia Lante della Rovere, poi Stefania Sandrelli e ora Ornella Muti. Lui è Pino Quartullo, il 52enne attore, regista e sceneggiatore nato a Civitavecchia dove ora dirige il Teatro Traiano che vede stasera, prima della tournée in tutta Italia, il debutto dell’interprete romana in un testo duro e drammatico ma a tratti anche divertente, L’ebreo scritto da Gianni Clementi con la regia di Enrico Maria Lamanna. Ambientato negli anni ’40, il dramma racconta come molti ebrei, con l’entrata in vigore delle leggi razziali, avevano pensato di mettere al riparo i loro beni da presumibili espropri intestandoli a prestanome fidati di razza ariana. Come i protagonisti dello spettacolo, Marcello Consalvi (interpretato da Emilio Bonucci) e la moglie Immacolata (Ornella Muti). Un giorno però busserà alla loro porta il vecchio proprietario...
Caro Quartullo, qual è il suo ruolo?
«Sono Tito, idraulico e amico del marito che verrà usato dalla moglie per raggiungere i suoi scopi. Scopriremo come in una famiglia italiana può nascere un delitto, qui motivato dal desiderio di mantenere una ricchezza rubata. Storicamente si è sempre raccontato dello sterminio degli ebrei, un po’ meno del furto delle loro proprietà».
Verrà sedotto da Ornella Muti?
«Di più. Lei mi rivolta come un pedalino e mi porta a essere complice di un omicidio. Lei è la protagonista assoluta ed è il motore di tutta l’azione, comica e divertente, cinica e spietata».
Gira voce di una vostra scena di sesso già in odore di scandalo.
«Con un gioco scenico vediamo lei che sta iniziando un rapporto col marito e lo finisce con me - come si dice? - a smorzacandela».
Imbarazzo sul palco?
«Si figuri, tutt’e due nelle nostre carriere abbiamo fatto ruoli d’ogni genere...».
Com’è la Muti debuttante?
«È incredibilmente brava e portata per il teatro. Lei ha l’età e il fisico giusti per questo ruolo. È molto bella e seducente: una ventenne nel corpo ma un’attrice consumata nella voce».
A San Valentino la vedremo al cinema.
«Sì, in Scusa ma ti voglio sposare di Federico Moccia interpreto il padre un po’ fricchettone di Michela Quattrociocche, la futura sposa. Un ruolo molto divertente perché, un po’ come in Ti presento i miei, assieme a Cecilia Dazzi conosceremo i suoceri, i genitori molto borghesi di Raoul Bova».
Il segreto del successo di Moccia?
«Ha capito che la gente va al cinema per sognare l’amore. E ora mi sembra di stare in un suo film».
In che senso?
«È un momento molto positivo per me, ad aprile mi sposo anch’io».
È l’ultimo
«No, ce n’è sempre uno. Mi piacerebbe poter tornare al cinema con un film da regista e come attore vorrei Gigi Proietti con cui, ormai 30 anni fa, ho fatto un’esperienza fondamentale nella sua scuola teatrale».
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