Nel momento in cui scriviamo, probabilmente avrà superato il tetto del milione di copie vendute in patria. Stiamo parlando de La cattedrale del mare, il corposo romanzo (quasi 650 pagine) desordio dellavvocato catalano Ildefonso Falcones De Sierra, classe 1959, edito in Italia da Longanesi (euro 18,60, traduzione di Roberta Bovaia).
È un classico romanzo di formazione con due protagonisti: la Cattedrale del titolo, quella di Santa Maria del Mar, a Barcellona, e Arnau Estyanol, figlio di un servo della gleba fuggito dalla campagna per sottrarsi ai soprusi feudali (tra cui lo jus primae noctis o, in catalano, firma de espoli forzada, che dava diritto al signore di giacere con la sposa del contadino la prima notte di nozze). La vicenda si svolge infatti, con qualche forzatura storica ammessa dallautore, nella Catalogna medievale, tra il 1320 e il 1384, tra la nascita di Arnau, allincirca contemporanea alla posa della prima pietra della chiesa, e la consacrazione delledificio sacro. Cattedrale e Arnau crescono quindi assieme, uniti da un legame quasi mistico - «il sangue di Arnau ha inciso molti di questi blocchi di pietra», viene detto a un certo punto.
In mezzo Falcones mette di tutto: la vicende del reame di Catalogna, ancora lontano da quella fusione con Castiglia e Aragona che avrebbe dato vita alla Spagna moderna, e la prosperità di Barcellona, città semi-indipendente dal potere regio, in lotta con Genova e Venezia per il monopolio dei commerci con lOriente, prima che la scoperta dellAmerica riducesse il Mediterraneo a pedina secondaria del grande gioco geopolitico mondiale.
In più, intrecciate alla Storia, le vicende di Arnau e di suo padre Bernat, tra fughe rocambolesche, rivolte popolari per il pane, battaglie, pestilenze (la Morte Nera del 1347, che uccise un terzo degli europei), agnizioni (con parenti e affini che ricompaiono quando meno te laspetti), ascese e cadute, scene madri, addii struggenti e rutilanti trionfi. E, ancora, i ferri stridenti dellInquisizione (con il domenicano Nicolau Eymerich, realmente esistito, che i lettori di Valerio Evangelisti ben conoscono), mogli devote e coniugi inferociti, pogrom antiebraici, musulmani tolleranti e astuti... Un quadro di ampie dimensioni che però non esce quasi mai dalle coordinate del quartiere barcellonese della Ribera e ne fa un laboratorio di ciò che oggi si definirebbe multiculturalismo, in cui il cristiano Arnau convive in pace con il moro Sahat e lebreo Hasdai e impara da loro tanto i valori della tolleranza quanto i trucchi per fare affari.
In un periodo in cui gli autori ispanici - da Matilde Asensi (Lultimo Catone, Iacobus, Lorigine perduta) a Julia Navarro (La Fratellenza della Sacra Sindone, La Bibbia dargilla), da Javier Serra (La cena segreta) a Fernando S. Llobera (Il circolo di Cambridge) - spadroneggiano in libreria con i loro romanzi costruiti sulla triade storia-mistero-cultura, nel solco del maestro del filone, Arturo Pérez-Reverte, Falcones segue la scia del suo conterraneo Carlos Ruiz Zafón (e del suo vendutissimo Lombra del vento) e salta a piè pari tanto il Novecento quanto il disincanto dei romanzieri postmoderni per tornare a forgiare un romanzo secondo le tecniche del feuilleton ottocentesco.
Largo perciò a personaggi le cui azioni sembrano non concludersi mai, a capitoli che spesso si chiudono nel momento culminante e costringono il lettore a proseguire nella lettura. E poi bontà contro cattiveria, caratteri rifiniti quanto basta per non renderli degli stereotipi, ma senza troppe sottigliezze psicologiche, fame, ingiustizie e tradimenti, roghi di eretici e salvataggi allultimo minuto, amori focosi e sincere amicizie... Il tutto senza nessuna ironia, anzi con grande partecipazione dellautore.
E del pubblico, tanto è vero che leditore spagnolo «sparava» per il debutto nelle librerie iberiche, nel febbraio di un anno fa, 85mila copie. Già un mese dopo le ristampe avevano superato quota 100mila e da lì, come dicevamo allinizio, è stata una cavalcata wagneriana verso il muro del milione, in pratica, una media di circa 16mila copie vendute la settimana.
Probabilmente a conquistare i lettori spagnoli è stata non solo la mescolanza di Dumas e Ken Follett (la stampa ha paragonato il libro a Il conte di Montecristo e a I pilastri della terra), ma anche lambientazione: in unepoca di rinascita dello spirito catalano e di riconquista del mare, dopo le Olimpiadi del 1992, da parte di Barcellona, Falcones ha intessuto il libro sulla «costante giustapposizione fra bene e male, fra lautentico spirito catalano e ciò che invece non ne fa parte». Parole, apparse sul quotidiano barcellonese La Vanguardia, di José Enrique Ruiz-Doménec, professore di Storia medievale e direttore dellIstituto di Studi Medievali dellUniversità Autonoma di Barcellona.
Per Ruiz-Doménec il romanzo di Falcones è «una pala daltare gotica, una pala delle meraviglie» e si legge «con la stessa avidità con cui è stato scritto. Si vorrebbe non finisse mai, un po come il sorriso che la Madonna di Santa Maria del Mar rivolge al figlio del protagonista». Daltra parte, sempre secondo Ruiz-Doménec, «ogni spazio in via di realizzazione ha bisogno di un mito e la Ribera, dove sorge Santa Maria del Mar, la cattedrale del popolo come qui viene definita con una certa temerarietà, attualmente lo spazio urbano più chic di Barcellona, lha trovato in questo romanzo. E Arnau, figlio di un servo della gleba fuggiasco, è la personificazione dellessenza catalana, con la sua straordinaria forza per opporsi alle circostanze avverse».
O forse il segreto del successo sta nellaver seguito un semplice precetto: «Scrivere romanzi divertenti che catturino il lettore, come quelli che piacciono a me», dice Falcones.
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