FALSE LEZIONI DI MORALE

La parola d’ordine, declamata da Prodi con seriosità professorale, era semplice: sobrietà. Con sobrietà s’intendeva che il nuovo governo si sarebbe ispirato a criteri di rigore, di austero risparmio, di occhiuta vigilanza affinché non un solo euro del denaro pubblico venisse immolato alle ambizioni e alle dilapidazioni della politica. La predica sulla sobrietà futura era associata alla deplorazione di trascorse dissipazioni dell’esecutivo del centrodestra nel quale (udite! udite! e scandalizzatevi) Silvio Berlusconi aveva dovuto talvolta soddisfare la fame d’incarichi di amici e alleati. Agli italiani - troppi ci credettero - fu promesso che con Prodi la perversa tendenza sarebbe stata bloccata: e che l’età del poltronificio a oltranza sarebbe stata seguita da un’età del poltronicidio virtuoso. Con gran vantaggio per il cittadino comune.
Risultato? È sotto gli occhi di tutti. Con uno sprezzo del ridicolo - e del decoro - che suscita quasi una nauseata ammirazione, il centrosinistra ha varato il governo più pletorico della storia repubblicana: e non tenta nemmeno di mascherare questa carnevalata di deleghe e sottodeleghe con motivazioni appena appena accettabili.
Tutti gli italiani adesso hanno capito - molti con deplorevole ritardo - che l’esorbitante quantità di poltrone non ha alcun rapporto con l’efficienza dell’esecutivo e con i compiti da assolvere. È invece in rapporto diretto con il numero dei partiti che sostengono sì Prodi, ma per sostenerlo vogliono in cambio qualche eccellenza di serie A o di serie B. Prodi li accontenta. Non ha fatto fatica, paga Pantalone. Purtroppo nella borbonica concezione italiana del potere ogni poltrona comporta simboli, riconoscimenti, privilegi che impongono una spesa di fior di milioni di euro.
Se quei sottosegretari dovessero veramente assolvere impegni importanti potremmo usare indulgenza al loro numero. Ma risulta chiaro che non è così. Risulta chiaro che alcuni ministri sono arrabbiati perché gli indesiderati vice sottraggono loro competenze che avrebbero voluto mantenere e pertanto lottano affinché i sottosegretari restino, ma senza competenze.
Gli ultimi acquisti sono stati significativi. S’è aggiunto un sottosegretario a un ministero - l’Economia - che contando anche i viceministri ne aveva già sette, s’è mandato un tale Raffaele Gentile ai Trasporti, un tale Giovanni Mongiello all’Agricoltura. Nel caso che un aspirante di peso sia stato trascurato, resterà pur sempre un anfratto in cui sistemarlo. Che sconforto e che pena. E questo sarebbe il governo che lasciava intravedere risanamenti della finanza pubblica, che ha annunciato - anzi confermato perché la decisione risaliva al governo precedente - un 10 per cento di risparmio sulle spese dei ministeri, che garantisce l’eliminazione delle scorte inutili, che osava vaticinare una stagione di novità e - ripetiamolo - di sobrietà?
Vi sono nel settore economico della squadra di Prodi personaggi di buona levatura tecnica e politica come, tanto per citarne un paio, Pierluigi Bersani e Tommaso Padoa-Schioppa. Forse si erano illusi. Mi stupisce tuttavia che la vergogna di questa moltiplicazione dei ministri e dei viceministri non abbia provocato una loro protesta, se non le dimissioni.
La politica ha dei costi necessari, ce lo siamo sentito ripetere infinite volte in tutte le salse.

Ma qui siamo ai costi gratuiti e offensivi per iniziativa di esponenti politici dai cui pulpiti ci venivano impartite lezioni di morale, di buona condotta civica, di rispetto per il Paese. È arrivato il momento della verità, della triste verità. Ed è soltanto l’inizio.

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