Rodolfo Parietti
da Milano
Nessun effetto speciale, solo più consumi privati e più investimenti da parte delle imprese: è così che gli Stati Uniti hanno confezionato nel primo trimestre dellanno una crescita del 4,8%, miglior risultato dal periodo luglio-settembre 2003 (più 7,2%) e performance tale da rendere un incidente di percorso il «modesto» sviluppo dell1,7% ottenuto nellultimo scorcio del 2005.
LAmerica, insomma, va. Con ritmi inavvicinabili dagli altri Paesi industrializzati. «Il dato sul Pil dimostra che leconomia procede a passo spedito», ha sottolineato ieri George W. Bush, tornato a sollecitare al Congresso unestensione di quei tagli fiscali che tanta parte hanno avuto nelluscita degli Usa dalla recessione nella costruzione delle basi per la successiva ripresa. La Casa Bianca si gode lottimo stato di salute economico del Paese, consapevole che un passo simile non potrà essere sostenuto per tutto lanno, come peraltro confermato sempre ieri da John Snow, segretario al Tesoro. È verosimile che leffetto cumulato dei ripetuti rialzi dei tassi, unito agli alti costi delle materie prime, possa tradursi in una decelerazione dellespansione del prodotto lordo. In ogni caso, a fine anno, il Pil dovrebbe mettere a segno un aumento attorno al 3%.
Molto dipenderà dal comportamento dei consumatori, da cui derivano i due terzi del Pil. Il progresso ottenuto dalleconomia a stelle e strisce tra gennaio e marzo, è stato infatti reso possibile soprattutto dallandamento delle spese delle famiglie, cresciute del 5,5% dopo il più 0,9% del periodo precedente. Lindice sulla fiducia dei consumatori, sceso in aprile a 87,4 punti dagli 88,9 di marzo per effetto del rincaro dei carburanti, non aiuta tuttavia a decifrarne i comportamenti futuri. A un calo della consumer confidence, infatti, non corrisponde sempre un successivo indebolimento dei consumi.
Il secondo pilastro su cui è stato costruito il risultato del primo trimestre rimanda direttamente alle imprese, e in particolar modo agli investimenti, saliti del 14,3%. Non accadeva dal secondo trimestre del 2000. La Corporate America offre però un altro spunto di particolare interesse, ovvero lincremento più contenuto degli ultimi sette anni del costo del lavoro (più 0,6%). È il segno che le difficoltà a trovare personale da parte di alcune aziende non si sono riflesse sui salari, annullando quindi eventuali spinte inflazionistiche. A fine marzo, i prezzi al consumo si sono attestati al 2% rispetto al 2,9% dellultimo trimestre 2005. Ciò rende ancora più agevole quella pausa nella fase di rialzo dei tassi anticipata giovedì scorso dal presidente della Fed, Ben Bernanke. Lo stop allazione di politica monetaria ipotizzato da Bernanke continua intanto a condizionare il dollaro, con leuro che ieri ha sfondato quota 1,26 (picco a 1,2623, massimo da 11 mesi).
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