nostro inviato
a Spa-Francorchamps
Tra primo e ultimo ci sono dodici anni di differenza, cinque vittorie in più e molta nostalgia in meno. Perché Lewis Hamilton vince, si gode la vita e i soldi in cui ormai sguazza come Paperon de Paperoni. Giancarlo Fisichella, invece, i suoi bravi soldini se li godrà anche, però comè dura convivere col ricordo di aver sfiorato l'Olimpo delle corse sapendo di essere finito fra i titoli di coda.
Il circuito delle Ardenne è una Scala del motorismo, per cui se uno è primo gongola e si sente ancora più forte; se uno è ultimo sprofonda invece nella palude delle incertezze. Giancarlo però non molla, non demorde, e anche se gli stanno terribilmente stretti, indossa con coraggio i panni del comandate Ultimo del mondo che corre a trecento allora. Poco importa che sia un mastino talentuoso ingabbiato in unauto che non è quel che doveva e poteva essere. Lui lo sa bene benché difenda la creatura maldestra che lo sta portando a zonzo in questanno pieno solo di grandi delusioni. «Quando firmai per la Force India ero consapevole che sarebbe stata dura, che al massimo avrei potuto ottenere qualche punticino e invece...». Invece gli basta un respiro per far di calcolo e ricordare lo zero in classifica che lo segue da mesi. «Diversi team minori sono cresciuti più di quel che ci aspettassimo, ecco cosè successo».
E adesso gli pesa dare spiegazioni a tutti, soprattutto a chi lo dà per bollito. Solo ai figli, a Carlotta di 9 anni e a Christopher di 5 anni, non deve dire nulla. «Mi capiscono al volo», dice con orgoglio «qui papà è ultimo, però sanno come stanno le cose, che non ho una grande macchina, e per loro, papà, resta sempre il migliore. Non hanno dimenticato che ho già vinto delle corse in formula uno. Questo gli basta per essere fieri di papà.
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