Troppa grazia sant'Antonio, questo è il sentimento prevalente nel centrodestra rispetto alle avventure del governo. Che bisogno c'è di un'opposizione. Fanno tutto da soli. Il centrosinistra si scanna se ci debba essere o meno una fase due, se il programma sia una Bibbia oppure non sia un Vangelo, su Rifondazione che sfila in un corteo con al centro lo slogan «Damiano amico dei padroni». Tommaso Padoa-Schioppa spende il suo residuo (durerà poco) prestigio per trattenere Financial Times, Mario Draghi, Joaquin Almunia dal criticare la sua «straordinaria» Finanziaria. Alessandro Profumo, assediato personalmente da Romano Prodi in Telecom Italia e Autostrade, è costretto a fare un compitino pro Finanziaria. Di fronte a questo spettacolo è inevitabile che venga al centrodestra una certa voglietta di mettersi a guardare, impegnandosi solo per la gigantesca manifestazione del 2 dicembre. Ma questo atteggiamento è sbagliato. Non esiste in Italia un dibattito pubblico onesto che registri con nettezza fallimenti e successi: il cuore dell'informazione per le élite, decisive negli scontri politici, un po' meno in quelli elettorali dove conta la gente comune, è condizionato da un establishment che vuole solo dibattiti per così dire regolati. In cui cioè il centrodestra sia ai margini della discussione. Basta vedere la grande stampa nazionale per comprendere come oggi si voglia far passare la fanfaluca che il vero oppositore a Prodi, è quel pasticcione di Piero Fassino. Si arriva al punto di vendere l'immagine di un Vincenzo Visco come baluardo contro gli eccessi fiscali. Il critico più duro del governo diventa Luca Cordero di Montezemolo, che ha consentito con i suoi atti la politica antimpresa del governo, compreso scippo (attenuato) del tfr. Il Sole 24 Ore riesce, sui rapporti tra banche e Prodi, a intervistare come unici rappresentanti del centrodestra, Bruno Tabacci e Marco Follini.
Ma in una simile situazione mettersi a fare i piangina, come si dice a Milano, non serve niente: è indispensabile avere chiaro il quadro in cui si opera ma essere insieme consapevoli che questo non si cambia solo con i lamenti. Il centrodestra, con o senza Pierferdinando Casini, deve attrezzarsi per trasformare l'invincibile malumore del Paese in coscienza politica: questo è necessario non solo per buttare giù subito Prodi, ma anche per preparare l'alternativa. I due processi sono intimamente legati: i governi non cascano se non c'è un disegno sul che fare nella fase successiva. E non basta un'alternativa «politica». È evidente come per sbloccare la situazione sia da mettere tra le scelte possibili quella di un governo istituzionale (che nel nostro Paese dovrà avere una durata limitata). Ma anche questo governo istituzionale nasce se si comincia a lavorare sulla sua base programmatica. Per assolvere a questo compito il centrodestra dovrebbe svegliare la sua fantasia organizzativa, costruire un comitato in difesa del lavoro autonomo, un comitato in difesa del risparmio, un comitato «aliquota massima sotto il 40 per cento», un comitato «per vendere il 40 per cento del patrimonio pubblico e dare così le basi a un vero federalismo fiscale», un comitato per la completa autonomia degli atenei, un comitato per rendere produttiva l'amministrazione pubblica, un comitato per finanziare le opere pubbliche strategiche e così via.
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