Il marxismo somiglia come una goccia d'acqua al fantasma del comunismo con cui Marx ed Engels aprivano nel 1848 il loro celeberrimo Manifesto del partito comunista. Il marxismo, difatti, se ne va in giro per l'Europa e dintorni proprio come un fantasma. Non è stato criticato, soprattutto in Italia, ma è stato soltanto rimosso. Così accade che ancora oggi, dopo che è stato smentito sia dalla storia sia dalla teoria, funzioni come ha sempre funzionato: a uso della propaganda politica. Se provate a sostituire la parola borghesia con patriarcato vedrete che l'ossessione di indicare un nemico, perfino inesistente, sul quale far ricadere tutte le colpe c'è ancora. Se rinunciate alla parola comunismo e la rimpiazzate con ambientalismo vedrete che l'ideologia anti-capitalista è ancora tutta in piedi. Persino il merito scolastico è visto tuttora come avveniva nel Sessantotto: la cultura della classe dominante. Ecco perché ci ha visto giusto Giancristiano Desiderio nello scrivere L'Anti-Marx. Anatomia di un fallimento annunciato, ora uscito per Rubbettino.
È molto nota anche la battuta con cui Marx, avvertendo già puzza di bruciato, prendeva le distanze dai marxisti: «Io non sono un marxista, io sono Karl Marx». Proprio su questa battuta di spirito hanno tante volte puntato i marxisti nel tentativo di salvare capre e cavoli: cioè sia Marx sia il marxismo. Il libro di Desiderio, invece, mette in luce proprio l'appartenenza del pensiero di Marx alla sua «falsa coscienza» perché già nell'Ottocento si era capito come mise in luce giustamente Eugenio Duhring che l'idea di Marx di far passare il comunismo dall'utopia alla scienza era insieme falsa e pericolosa. Marx stesso lo capì e non trovò di meglio da fare che ordinare a Engels di seppellire il povero signor Duhring sotto un cumulo di sciocchezze come le trecento pagine dell'Anti-Duhring: un testo anti-scientifico sul quale, osserva giustamente Desiderio, ancora si studiava nelle università italiane negli anni Ottanta del secolo scorso!
Giancristiano Desiderio mette in luce l'arbitraria unione di economia e di filosofia che compie Marx nel tentativo pasticciato di capovolgere il pensiero di Hegel. Il risultato non è né il superamento di Hegel, né dell'economia classica di Smith e Ricardo ma un'ideologia propagandistica che ha sempre spiegato i fallimenti Berlino 1953, Budapest 1956, Praga 1968, Mosca 1989 cambiando i fatti veri per salvare la teoria falsa.
È la nascita della mentalità totalitaria tipica del marxismo che, nota Desiderio, non è una «Filosofia del potere» cioè che limita il potere ma una «filosofia di potere» concepita e costruita sull'invidia per conquistare il potere.
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