Roma L’unico punto di partenza che accomuna le diverse anime del centrosinistra e del Pd è l’alto rischio di un voto anticipato.
È il fantasma di una crisi di governo, che potrebbe portare a elezioni nella prossima primavera, abbinate alle amministrative, che sta accelerando le mosse dell’opposizione. Possibilmente per evitarle, ovviamente: il segretario del Pd Bersani, tornato in pista dopo una lunga sparizione che lo ha visto assente nell’agosto più rovente della politica italiana, lo ha spiegato chiaramente nella sua lettera aperta su Repubblica: se la maggioranza non regge, ci vuole un «governo di transizione» per fare una nuova legge elettorale (quale non è chiaro) che tiri dentro tutti coloro che, da Fini a Vendola, vogliono liberarsi di Berlusconi. E ci vuole un «nuovo Ulivo» che diventi perno di una alleanza più larga per battere il Cavaliere disarcionato.
L’intervento del leader Pd è stato dettato anche dall’urgenza, tutta interna al Pd, di riprendersi la scena dopo l’exploit di Walter Veltroni, che dal Corriere della Sera aveva lanciato il suo monito contro le «sante alleanze» anti-Cavaliere che farebbero perdere al Pd la sua «vocazione maggioritaria». Ma è anche il segno di un recupero di rapporto con il partito di Repubblica, che punta alla spallata finale al berlusconismo e vuol coalizzare tutti coloro che, al primo inciampo, magari sul terreno meno favorevole al premier come le «leggi ad personam», possano dare il colpo di grazia. Ieri Bersani si è detto «sorpreso» e ovviamente soddisfatto dalla «ampiezza del consenso» attorno alle sue proposte. Ampio, ma anche assai frastagliato, visto coloro che lo applaudono lo fanno per motivi spesso opposti, e invocando opposte riforme elettorali. Di Pietro, ad esempio, dice sì al «nuovo Ulivo», ma boccia i «governi tecnici» e mette paletti precisi all’alleanza per le prossime elezioni: con la sinistra ma mai con Casini e Fini: «Vogliono solo pugnalarci».
Romano Prodi si è mostrato entusiasta delle idee bersaniane, ma secondo un malizioso dirigente veltroniano «Romano ormai è convinto che “l’Ulivo c’est moi”, quindi è contento che Bersani lo abbia rilanciato perché pensa che stiano per richiamare lui in pista». D’Alema tace, ma secondo la stessa fonte «spinge Bersani a lanciare la grande coalizione anti-Berlusconi perché ha ancora un sogno: andare al Quirinale. E dunque ha bisogno che il prossimo candidato premier non sia del Pd, ma sia un centrista o un esterno».
Intanto Rosi Bindi si scaglia contro Veltroni («Non può candidarsi alle primarie, sulla sua linea abbiamo perso di un colpo governo, alleanze e elezioni»), e dà anche un calcetto a Sergio Chiamparino: «Ci pensi molto seriamente prima di candidarsi». Gli ex Ppi di Fioroni si scagliano contro la Bindi e contro Bersani, accusandoli di voler tornare «alla vecchia logica della sinistra alleata col centro» e archiviare l’«amalgama» del Pd. Franceschini ha rotto con Veltroni, e si schiera con Bersani. «In vista di nomine e candidature preferisce stare con chi comanda», commentano acidi i veltroniani. Che rilanciano la campagna dell’Unità: primarie in tutta Italia per decidere i candidati alle prossime elezioni, togliendo il pallino al segretario.
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