"Fantasy Island" rivisita in chiave horror il soggetto dell'omonima serie TV (nota in Italia come Fantasilandia) che andò in onda per sette stagioni a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta.
A produrlo è la Blumhouse Productions, che negli ultimi anni ha dato alle sale un vasto assortimento di titoli horror, alcuni di pregio come "Insidious" e "Get out", altri in stile "splatter con brio" destinati agli adolescenti. Ebbene, di un così ampio assortimento di titoli "Fantasy Island" è probabilmente il peggiore.
La storia vede cinque fortunati vincitori di un concorso a premio atterrare su una lussureggiante isola. Ad attenderli c'è il gestore di un resort di lusso, il signor Roarke (Michael Peña), il cui compito sarà realizzare una fantasia per ciascun ospite. I primi a beneficiarne sono i fratelli JD (Ryan Hansen) e Brax (Jimmy O. Yang), che diventano i punti focali di una festa a dir poco stravagante, in cui non farsi mancare alcolici, droghe e belle presenze sessualmente disponibili. Poi ci sono Gwen (Maggie Q), pronta a rimediare al rimpianto d'aver respinto una proposta di nozze circa cinque anni prima, l'aspirante soldato Patrick (Austin Sowell) che può finalmente arruolarsi nell'esercito e onorare il ricordo del defunto padre, infine Melanie (Lucy Hale) che sarà messa in grado di vendicarsi su chi la bullizzava durante gli anni al liceo (Portia Doubleday). La realizzazione di ciascuno di questi desideri, però, diventa sempre più pericolosa e ingestibile, fino a trasformarsi in un vero e proprio incubo. A complicare le cose c'è l'unica regola del gioco: ogni fantasia non è modificabile e deve essere lasciata al suo sviluppo naturale. Inutile dire che la vacanza diventerà una lotta per la sopravvivenza.
“Fantasy Island” prende un'idea datata ma di successo e cerca di riadattarla per incontrare i gusti delle nuove generazioni. Le premesse intriganti e la location suggestiva, però, nulla possono di fronte a quella che nel complesso è un'occasione mancata. Inutilmente contorto e pieno di ribaltamenti narrativi illogici, "Fantasy Island" lascia spossati: la parola "fantasia" è ripetuta da tutti i personaggi in maniera ridicolmente ossessiva, i personaggi sono tutti fastidiosi o lagnosi e il finale è a dir poco pasticciato, pieno com'è di cambiamenti di rotta.
L'unico quesito degno di nota, ossia quanto le fantasie di ognuno siano interconnesse a quelle di altri, viene appena suggerito e lasciato morire senza alcuno sviluppo.
Nonostante le spiegazioni didascaliche disseminate ovunque, ci si convince sempre più che il film non abbia né capo né coda, o forse è soltanto un effetto del crescente e inevitabile disinteresse per quanto va confusamente in scena per un paio d'interminabili ore.
Ogni
potenzialità implicita del soggetto va perduta e "Fantasy Island" delude sia gli spettatori nostalgici dato che lo spunto originale è reso irriconoscibile, sia gli amanti dell'horror poiché i pochi spaventi sono davvero soft.
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