(...) contro i gruppi che inneggiano all'omicidio, agli atti di terrorismo, alla mafia. Non escludo, però, in linea di principio, la possibilità che si arrivi anche ad un intervento legislativo bipartisan, che veda il concerto di tutti coloro che operano on-line e nel mondo dei social network, il quale fornisca ai giudici gli strumenti per applicare anche sul web le leggi dello Stato che, oggi, in taluni casi faticano ad aderire alla realtà virtuale. Ora è più che necessario un tavolo di riflessione che, prima di approdare in Parlamento, consenta a tutti un franco e pieno confronto sulle regole, per fare in modo che il web non diventi il luogo dell'apologia di reato e della istigazione a delinquere. Non si tratta di imbavagliare il web, e lo dico con la credibilità di chi si è battuto in questa legislatura per interventi legislativi che gli organi di informazione hanno definito «antibavaglio» o «salva blog»: contro il web violento non si tratta di fare censure o di mettere bavagli. Si tratta semplicemente di evitare la commissione di reati attraverso Internet ed è per questo che bisogna scrivere le regole e farlo tutti insieme. Occorre cercare il consenso più ampio intorno ad una legge che eviti il più possibile la commissione di reati, l'incitamento all'odio, attraverso l'anonimato del web. Maggioranza e opposizione si siedano subito intorno ad un tavolo comune per mettere a punto le regole condivise per salvaguardare la libertà di internet senza violare i diritti degli altri. Senza dimenticare tutte quelle «parti sociali 2.0» che devono dare il loro contributo fattivo e concreto alla scrittura delle nuove regole.
Perché non sono tollerabili in un paese civile i cori di chi inneggia a Tartaglia o alla Majolo, che si sono macchiati di una responsabilità gravissima: quella di avere aggredito il Presidente del Consiglio della Repubblica italiana ed il Sommo Pontefice della Chiesa cattolica. Non mi paiono colpe di poco conto.*deputato del Pdl, fondatore dell'Intergruppo Parlamentare 2.0
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