Come fare festa con l’agnello

Dell'agnello non si butta niente. Chiedetelo a Peppino Tinari di Villa Maiella a Guardiagrele (Chieti), telefono 0871-809319: «Noi abruzzesi siamo legati agli ovini, ancora oggi quasi ogni casa ha pecore e agnelli, per il formaggio e per la carne». Al maschio, che ha carne migliore, l'onore del macello. Quelle che seguono non sono ricette, piuttosto idee, partorite da Peppino e sua moglie Angela, che da 22 anni hanno stretto un sodalizio matrimonial-gastronomico con lei «oggi più brava di me», parola di marito.
TRADIZIONALE IN COCCIO. I fegatini, spadellati con erbette tra cui spicca la santoreggia, sono serviti con formaggio e uovo brodettato (in pratica, una minestra stracciatella con pecorino semi-stagionato, cotta nel coccio).
SOFFIATO DI FEGATINO. I fegatini vengono tagliati in dadolata col coltello («Niente poltiglie, per carità»), mescolati con uovo e pecorino; passati in forno «si soffiano» come un soufflé. Vanno serviti su una crema di porri.
RAGU DI COLLO DISOSSATO. Sembra un piatto per amatori ma è molto più semplice e fattibile di quanto il nome lasci intendere. La carne del collo, tagliata in dadolata, viene spadellata con un trito di cipolla e sedano bianco, sfumata con Trebbiano d'Abruzzo, e portata a cottura a fuoco lento aggiungendo poco brodo vegetale; nell'intingolo si insaporiscono gli spaghetti alla chitarra. Si serve cosparso di scaglie di pecorino e santoreggia, erba di cui non bisogna farsi trovare mai sprovvisti quando si cucina l'agnello, perché «ci sta benissimo».
RAGU DELLA TRADIZIONE. Al collo si aggiunge la spalla, il tutto insaporito in padella con sedano, cipolla, pepe, sfumato con vino bianco e portato a cottura con filetti di pomodoro per 40-50 minuti. Ha sapore più forte e Peppino lo ritiene più invernale.
COSTATINE. Un classico: le quattro costatine pulite, spadellate a cottura rosa, sfumate velocemente con un dito di Trebbiano, insaporite con le erbette (leggi: santoreggia).
FILETTO e CONTROFILETTO. I due convergono insieme in un piatto da porzione, «mollicati in forno», ovvero insaporiti in pane grattato con erbette, conditi con olio di oliva e cotti in forno.
COSCIOTTO. Intero alla brace, richiede una certa perizia nell'operazione di disossarlo parzialmente. Marinato con Trebbiano d'Abruzzo, olio ed erbe aromatiche, si cuoce sulla brace (Peppino usa legno di faggio) per un’ora. È da Pasquetta, con gita fuori porta per gustarlo già pronto.
PANCETTA. Cotta sottovuoto a 67° per quattro ore, poi raffreddata, quindi passata in forno a 180°. Idem come sopra: meglio al ristorante.
SPEZZATO ALLA BRACE. A parte il cosciotto, che si lascia intero, il resto dell'animale si taglia a pezzi. «Bisogna farlo personalmente, non cucinerei mai un agnello tagliato da altri» commenta Peppino. Pare che le pudenda dell'animale, osservate con la dovuta ed esperta attenzione, diano informazioni riservate quanto essenziali sullo stato della bestia. Non fate gli schifiltosi e provate tutto: «È incredibile come i vari tagli dello stesso animale abbiano sapori così diversi».
IL BOCCONE DEL PASTORE. Questa è truce, ma l'Italia era fatta così: i signori mangiavano le parti nobili e ai pastori toccava la testa, che opportunamente pulita e spellata veniva cotta al forno con le patate.
TRIPPETTA. Pulita, arrotolata, stesa sul tavolo a mo' di fazzoletto, insaporita con aglio, prezzemolo, peperone rosso dolce e ritagli della stessa trippa, arrotolata a involtino, viene cotta con gli odori nella pignatta accanto al fuoco. Alla fine, l'acqua di cottura si riduce in un sughetto.
BUDELLINI NELLA RETE. Puliti a perfezione budellini e rete, si cosparge quest'ultima con budellini sbollentati a pezzi, sale, pepe, prezzemolo, aglio. Il tutto si arrotola come un salame e si cuoce al forno, legato con un budellino lungo intero a mo' di spago. Il «salame» di rete e budelli si cuoce al forno con le patate (servito come un cotechino), oppure in umido con un sugo di peperone rosso dolce.
AGNELLO IN PORCHETTA. L'agnello intero, disossato, è cotto al forno come una porchetta. «È un piatto comune, da trattoria», commenta Peppino.

Però è buono.

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