Farmaci e terapie

Teleriabilitazione, la nuova frontiera per il Parkinson vince il premio "Lamberto Piron"

Un nuovo studio sulla riabilitazione dei pazienti affetti da Parkinson, condotto dal professor Marco Franceschini dell’IRCCS San Raffaele, ha vinto il premio “Lamberto Piron” al XXII Congresso Nazionale S.I.R.N.

Teleriabilitazione, la nuova frontiera per il Parkinson vince il premio "Lamberto Piron"

Il gruppo di ricercatori guidati dal Prof. Marco Franceschini, Direttore del Laboratorio di Ricerca Clinica in Riabilitazione Neuromotoria dell’IRCCS San Raffaele, ha vinto il prestigioso premio Lamberto Piron, al XXII Congresso Nazionale S.I.R.N. (Società Italiana di Riabilitazione Neurologica), come migliore studio sulla teleriabilitazione.

Si tratta di uno studio, randomizzato controllato multicentrico (in cui i partecipanti vengono assegnati in modo casuale a due gruppi, il gruppo sperimentale che riceve il trattamento o il gruppo di controllo/confronto, ndr) sulla teleriabilitazione della stabilità posturale, nelle persone con malattia di Parkinson, rispetto alla riabilitazione convenzionale a domicilio, che fa parte del progetto della Rete IRCCS delle Neuroscienze e della Neuroriabilitazione, che ha coinvolto sei Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico e ben 97 pazienti.

A raccontare di cosa si tratta e come questo può essere di supporto ai malati di Parkinson, il prof. Marco Franceschini nella nostra intervista, che come prima cosa, anche per il premio ottenuto, ringrazia tutti gli istituti che hanno partecipato facendo sia da coordinamento che da stimolo, per riuscire a raccogliere tutti i dati e metterli insieme, che hanno poi portato alla realizzazione di questo importante studio.

Professore, come avete pensato a questo studio?

"Nel periodo della pandemia, quando l'accesso all'ospedale era possibile solo in caso d'emergenza e comunque molto complicato, abbiamo deciso, insieme ad alcuni colleghi di altri istituti come il nostro, di metterci insieme e fare uno studio sull'effettibilità e l'efficacia, di un trattamento fatto a casa in teleriabilitazione, con strumentazioni che erano in possesso di tutti noi, al fine di dimostrare che si può avere una continuità assistenziale anche a casa".

È stato difficile realizzare questo studio, si sono visti subito i benefici?

"L'idea essendo nata in un momento in cui l'alternativa era niente, e non aveva nessuna controindicazione, è stata quella di provare. In quel momento abbiamo anche pensato di realizzare un protocollo che ci potesse consentire di dimostrare che questo tipo di approccio era più efficace di quello che veniva usavo in quel momento. Consisteva nel dare piccoli opuscoli ai pazienti, con alcuni esercizi da eseguire, consigliando a lui e ai familiari, di eseguirli il più volte possibile a casa".

Siamo usciti dall'ondata delle restrizioni del covid, e state continuando con questa modalità di teleriabilitazione, questo significa che è più efficace rispetto ad altri?

"Grazie anche al numero di strutture che hanno collaborato con noi, abbiamo incluso in questo studio un numero piuttosto elevato di persone, che si avvicina alle 100. Una parte di queste, faceva il trattamento da noi proposto in teleriabilitazione, l'altra utilizzando gli opuscoli con gli esercizi illustrati. Avendo riscontrato da subito buoni risultati, e constatando, al di là della pandemia, la difficoltà che hanno le persone affette da Parkinson di accedere alle strutture per continuare a fare trattamenti ambulatoriamente o in day hospital, siamo andati avanti. In questo modo abbiamo colmato un'area grigia in cui le persone con questa patologia, spesso sono un po' abbandonate e possono proseguire la riabilitazione solo tramite iniziative personali o locali".

Lei che ha il polso della situazione, come si vive con un paziente affetto da Parkinson, quali sono le difficoltà quotidiane che, sia lui che i familiari, o i caregiven devono affrontare?

"Purtroppo è una malattia degenerativa progressiva, che tende a peggiorare nel tempo, che rientra nelle forme che in senso lato, si possono definire croniche. Questo è l'aspetto più complesso. Il problema più grosso per chi vive con una persona affetta da Parkinson è gestirla fisicamente visto che il più delle volte non ha difficoltà di tipo intellettivo. Capisce e ragiona ma non riesce ad esprimersi bene e soprattutto riuscire in atti comportamentali in sicurezza, come aveva prima della malattia. In sintesi, non riesce più a vestirsi, o andare in bagno se non accompagnato e progressivamente diventerà impossibile uscire di casa in autonomia".

Che benefici apporta la teleriabilitazione rispetto alle modalità precedenti?

"Abbiamo trovato dei miglioramenti, soprattutto a livello di equilibrio, della sicurezza a stare in piedi, e quindi indirettamente anche a muoversi. È chiaro che non risolve il problema, ma allunga i tempi e permette una maggiore capacità di muoversi fuori di casa, che è fondamentale per l'essere umano. In questo caso il risultato è stato molto positivo".

Dal lato farmacologico invece, ci sono novità sul Parkinson?

"La sperimentazione di nuovi farmaci sta andando molto avanti per questo tipo di malattie neurodegenerative, ma purtroppo non c'è ancora una via risolutiva, solo una modalità per rallentarle. Al momento il risultato importante è quello di mantenere il più a lungo possibile una discreta capacità motoria in questo tipo di pazienti, per alleggerire le famiglie ma soprattutto lo stress delle persone, che se riescono a prolungare una certa indipendenza hanno una migliore qualità di vita".

Pensa che la teleriabilitazione possa essere l'inizio di una frontiera futura?

"Credo molto nella teleriabilitazione, perché stiamo andando verso un periodo in cui la gestione di persone che hanno forme croniche evolutive dal punto di vista della limitazione delle funzioni, sarà sempre più difficoltosa. Per questo noi abbiamo fatto questo studio, non solo per le persone con malattie di Parkinson, ma la stiamo sperimentando, con esiti soddisfacenti, anche per quelle con la sclerosi multipla. Vediamo che la terapia è fattibile e viene eseguita volentieri dal paziente. In questa maniera le persone che escono dall'ospedale dopo una fase acuta in cui sono peggiorati, pur avendo una malattia cronica come la sclerosi multipla e il Parkinson, possono avere delle fasi di peggioramento e fargli eseguire terapia in continuità significa dargli uno strumento importante per limitare i danni dell'evoluzione della disabilità".

Quali sono le difficoltà nell'accedere a questo tipo di terapia?

"Tutte le strutture che hanno partecipato a questa ricerca, che sono 7/8 in Italia, la stanno utilizzando. Noi stiamo insistendo anche a livello ministeriale affinché questo concetto di teleriabilitazione entri nelle terapie da erogare come servizio sanitario nazionale, dotando tutte le ASL in termini di strumenti, che tra l'altro non sono eccessivamente costosi per poter dare questa continuità assistenziale a tutti. Oggi purtroppo è limitata ai centri che si sono attrezzati con questo tipo di strumentazione, ma non all'interno dei servizi dati dal SSN.

In ambito di ricerca è gratuito, altrimenti so dell'esistenza di alcuni centri che lo hanno a pagamento, anche se a cifre molto modeste".

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