Farmaci e terapie

Neuroblastoma, risultati incoraggianti dal Bambino Gesù

Dall’’Ospedale Bambino Gesù arriva la prima terapia con cellule Car-T per la cura del neuroblastoma: i risultati sono incoraggianti. Lo studio è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine

Tumori solidi in età pediatrica, nuova efficace terapia
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Tumori solidi in età pediatrica: buone notizie dal Bambino Gesù. È stata progettata all’Ospedale della Santa Sede la prima terapia genica con cellule CAR T in grado di curare, con buona probabilità di successo, le forme più gravi di neuroblastoma. Quest’ultimo è il tumore solido più frequente dell’età pediatrica.

Il nuovo trattamento, messo a punto dal gruppo di clinici e ricercatori guidato dal prof. Franco Locatelli, è stato sperimentato su 27 bambini con neuroblastoma recidivato e/o resistente alle terapie convenzionali.

La risposta al trattamento ha superato il 60% e la probabilità di sopravvivere senza malattia è significativamente aumentata rispetto all’attesa di vita, purtroppo breve, in assenza di altre cure.

I risultati dello studio, realizzato anche grazie ai finanziamenti ricevuti da Airc, Ministero della Salute, AIFA e Fondazione italiana per la lotta al neuroblastoma, sono stati appena pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine.

Il neuroblastoma

Il neuroblastoma è il tumore solido extracranico più frequente dell’età pediatrica e rappresenta circa il 7- 10% dei tumori nei bambini tra 0 e 5 anni. In Italia vengono formulate circa 120-130 nuove diagnosi all’anno.

Questo tumore ha origine dai neuroblasti, cellule presenti nel sistema nervoso simpatico, e può insorgere in diversi distretti corporei tra cui il più frequente è il surrene. Ancora oggi, il neuroblastoma ha una prognosi significativamente meno buona di altre neoplasie dell’età pediatrica, essendo responsabile dell’11% delle morti per cancro in età pediatrica: nelle forme metastatiche o ad alto rischio di ricaduta la probabilità di guarigione definitiva è del 45-50%.

In caso di ricaduta o di malattia refrattaria alle cure convenzionali (chemio e radioterapia), la possibilità di sopravvivere a 2 anni non supera il 5-10%.

Lo studio del Bambino Gesu’

La sperimentazione della terapia genica con cellule CAR T dirette contro il neuroblastoma è stata interamente progettata e condotta da medici e ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Lo studio ha coinvolto l’Officina farmaceutica, le aree di oncoematologia, terapia cellulare, terapie geniche e trapianto emopoietico e diagnostica di immagini.

Tra il 2018 e il 2021 sono stati arruolati nel trial 27 pazienti provenienti da tutta Italia, di età compresa tra 1 e 25 anni, affetti da neuroblastoma recidivato e/o resistente e già sottoposti a numerosi tentativi di cura. I pazienti sono stati trattati con l’infusione di cellule CAR T modificate con un costrutto di terza generazione, prodotto in laboratorio dai ricercatori dell’Ospedale della Santa Sede partendo dal prelievo di linfociti T autologhi (cioè provenienti dal paziente stesso). Queste cellule del sistema immunitario sono state poi modificate geneticamente per esprimere sulla propria superficie il CAR (Chimeric Antigen Receptor), una molecola sintetica in grado di riconoscere il bersaglio tumorale e di indirizzarvi i linfociti T.

Diversamente dai prodotti CAR T di seconda generazione, al farmaco progettato dai ricercatori del Bambino Gesù è stato aggiunto, sulla base delle risultanze di un accurato e meticoloso lavoro sperimentale pre-clinico, un secondo dominio costimolatorio, ovvero una combinazione di molecole che accresce l’efficacia e la persistenza dei linfociti T ingegnerizzati. Come ulteriore misura di sicurezza della terapia, infine, è stato inserito il gene suicida che blocca l’azione dei linfociti T modificati in caso di effetti indesiderati non controllabili con le convenzionali misure farmacologiche.

I risultati: l'efficacia è oltre il 60%

La nuova terapia si è dimostrata sicura ed efficace: al termine dello studio il team di ricercatori ha osservato una risposta al trattamento nel 63% dei pazienti, metà dei quali in remissione completa di malattia.

Cresce la probabilità di sopravvivenza fino a 3 anni (60% dei casi) e di sopravvivere senza evidenza di malattia (36%). Inoltre è stata documentata la longevità delle cellule CAR T: persistono nell’organismo del paziente fino a 2-3 anni dall’infusione sostenendo nel tempo l’efficacia terapeutica.

“È la prima volta a livello internazionale che uno studio sull’uso delle CAR T contro i tumori solidi raggiunge risultati così incoraggianti e su una casistica così ampia”, sottolinea, in una nota del nosocomio, il coordinatore della sperimentazione, prof. Franco Locatelli, responsabile dell’area di ricerca e area clinica di oncoematologia, terapia cellulare, terapie geniche e trapianto emopoietico del Bambino Gesù, nonché professore ordinario di pediatria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. E aggiunge: “Finalmente abbiamo un’arma terapeutica in più che può essere impiegata per il trattamento dei bambini che ricevono una diagnosi di neuroblastoma”.

Le prospettive per la cura dei tumori

I risultati della sperimentazione aprono alla possibilità, in prospettiva, di impiego anticipato delle cellule CAR T nella strategia terapeutica dei bambini affetti da neuroblastoma: una cura destinata, dunque, non solo ai pazienti che hanno già fallito diversi tentativi di trattamento, ma anche ai neodiagnosticati con caratteristiche di alto rischio o per chi abbia fallito una sola linea di terapia. Inoltre, dato che lo studio costituisce una evidenza dell’efficacia delle cellule CAR T anche nei tumori solidi, si aprono possibili scenari di trattamento anche per altri tumori solidi.

I commenti allo studio

“I risultati di questo studio – afferma il prof. Franco Locatelli - rappresentano il coronamento di un progetto, iniziato molti anni fa, mirato a offrire una risposta terapeutica a quei bambini con neuroblastoma che hanno limitate prospettive di guarigione e documentano come il trattamento con cellule CAR T possa cambiare significativamente lo scenario di cura anche nei tumori solidi”.

Il prof. Federico Caligaris Cappio, direttore scientifico di Fondazione AIRC, sottolinea l’importanza della ricerca. “Oggi - dice - restituiamo alla collettività un concreto esempio dell’impatto che la ricerca scientifica d’eccellenza ha sulla cura dei piccoli pazienti oncologici. Siamo orgogliosi di avere contribuito a questo importante traguardo raggiunto all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù dal gruppo del professor Franco Locatelli, titolare di un progetto incluso nei programmi speciali AIRC 5 per mille, nati allo scopo di portare il più rapidamente possibile benefici tangibili ai pazienti attraverso la creazione di una rete di centri d’eccellenza dai laboratori ai centri di cura”.

Sara Costa, presidente Associazione Italiana Lotta contro il Neuroblastoma, ricorda l’inizio del percorso, avvenuto nove anni fa: “All’epoca la strada della terapia genica in campo pediatrico, per tumori così aggressivi, sembrava lontana. Eppure il progetto di arrivare ad una sperimentazione clinica innovativa mi allargò il cuore, facendoci intravedere una luce all’orizzonte. Oggi, 9 anni dopo, l’emozione di questa giornata è indescrivibile. I risultati sono straordinari, ma dobbiamo proseguire ancora finché tutti i bambini con Neuroblastoma potranno guarire”.

“Le cellule CAR T - commenta il prof. Ruggero De Maria, presidente di Alleanza Contro il Cancro - stanno rivoluzionando le terapie delle neoplasie ematologiche; questo studio straordinario coordinato dal prof. Locatelli dimostra che le CAR T potrebbero curare efficacemente anche i tumori solidi. È un successo importante a cui ha contribuito anche il programma di Alleanza Contro il Cancro”.

“Questi risultati straordinari - sono le parole del prof. Tiziano Onesti, presidente del Bambino Gesù – confermano ancora una volta quanto sia importante la ricerca per l’Ospedale e soprattutto per le famiglie che a noi si rivolgono. Come ribadì il Santo Padre nell’udienza per i nostri 150 anni: “Non c’è cura senza ricerca. E non c’è futuro, nella medicina, senza ricerca”. Eppure sappiamo che la ricerca costa e richiede investimenti ingenti, soprattutto la ricerca sulle terapie avanzate, che rappresentano una sfida, anche in termini di sostenibilità, per il sistema sanitario nazionale e per le stesse strutture sanitarie come la nostra.

Ma è una sfida che dobbiamo assolutamente vincere, per il bene dei pazienti, e dobbiamo vincerla tutti insieme”.

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