«Farmaci italiani i più economici di tutta Europa»

Luigi Cucchi

«Ogni impresa ha bisogno di certezze per poter svolgere la propria attività e soprattutto programmare gli investimenti in impianti e nella ricerca, per noi vitali. Siamo invece nell’occhio del ciclone e vi è sempre qualcuno che per far quadrare i conti dello Stato pensa ad un taglio al prezzo dei farmaci», afferma Emilio Stefanelli, vicepresidente di Farmindustria, l’associazione delle imprese del farmaco. «In Italia - aggiunge - abbiamo i più bassi prezzi europei: quelli con prescrizione (rimborsati dal Ssn più quelli pagati dai cittadini) sono a quota 100 contro 109 in Spagna, 111 in Francia, 124 nel Regno Unito, 128 in Germania e ben 142 in Canada e 263 negli Stati Uniti. E questi valori si riferiscono ai primi 200 farmaci venduti in Italia con prescrizione, secondo uno studio della Bocconi. Se consideriamo la spesa pro capite annuale in Italia siamo a quota 203 euro, in Francia a 318, in Germania a 287, nel Regno Unito a 246 ed in Spagna a 226. Nel 2005 la spesa farmaceutica pubblica è stata in Italia di 11.855 milioni di euro, di 19.270 in Francia, 23.653 in Germania, 14.722 nel Regno Unito e 9.712 in Spagna. L’incidenza della spesa farmaceutica sul totale della spesa sanitaria è del 13% in Italia, del 16 in Francia, del 18 in Germania, dell’11 nel Regno Unito e del 18% in Spagna. L’industria farmaceutica è costantemente penalizzata. Non solo non si considerano le sue esigenze fondamentali per poter investire e crescere, ma si dimentica che svolge un ruolo strategico allo sviluppo economico del Paese. Tagliando costantemente i prezzi si mina la sua stessa esistenza». Ma i conti dello Stato devono quadrare e la stessa spesa sanitaria non può crescere costantemente. L’attenzione alla spesa appare quindi giustificata. «Lo è, non vi è dubbio. Ma non mi riferisco a corrette scelte politiche, ad una oculata gestione delle risorse, come pure alla lotta agli sprechi. Ciò che ci deprime è la costante demonizzazione che porta a tagli improvvisi, non pianificati che rendono il futuro sempre più cupo. La spesa farmaceutica concorre nella formazione di quella sanitaria solo nella misura del 13%. Si taglia quella, senza ridurre quella ospedaliera che incide per il 51%. È un problema di scelte: se lo Stato vuole fornire a tutti i pazienti gratuitamente la maggior parte dei farmaci, servizi diagnostici sempre più impegnativi al punto di essere il più generoso tra i Paesi europei, si deve accettare una crescita della spesa sanitaria ed anche di quella farmaceutica che deve incidere almeno per il 14-14,5%. Dall’agosto del 2001 si ricorre costantemente al taglio del prezzo dei farmaci. È una strada non perseguibile». In tutti i Paesi occidentali si registra il problema dell’eccessiva crescita della spesa sanitaria ed in Europa da anni si cerca di contenerla.

«Sì, ma senza tagliare il prezzo dei farmaci che deve essere tale da consentire di proseguire con gli investimenti. Dal 2001 ad oggi la spesa della farmaceutica convenzionata è cresciuta dell’1,7%, quella della spesa sanitaria è aumentata del 26,5% e le altre voci di spesa sono cresciute del 31,1%».

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