La Farnesina: l’omicida di Calipari va processato

da Roma

Salvate il soldato Lozano. Per Washington, dunque, il caso è chiuso: niente estradizione e nessuna coda d’inchiesta. «Noi stiamo alla conclusione della commissione d’indagine - ripetono dal Pentagono -. Il nostro marine ha seguito le regole, la morte di Nicola Calipari è stata un doloroso incidente». Ma la Farnesina insiste: il militare americano va processato in Italia. «Le potenzialità di collaborazione offerte dal trattato di mutua assistenza giudiziaria che è in vigore tra i due Paesi - sostiene Pasquale Ferrara, portavoce del ministro degli Esteri - devono essere pienamente colte». E così, dopo la base di Vicenza, la missione in Afghanistan e la lettera dei sei ambasciatori, la cronaca dello scontro diplomatico tra Italia e Usa si arricchisce di un nuovo, difficile capitolo.
Insomma, altro che chiuso, per Roma il caso-Calipari non è mai stato così aperto, soprattutto dopo il rinvio a giudizio del marine Mario Lozano, il soldato che sparò dal posto di blocco dell’aeroporto di Bagdad. Le versioni dell’accaduto, si sa, sono molto diverse. «Sotto il profilo dell’accertamento dei fatti - spiega Ferrara - a suo tempo Italia e Stati Uniti collaborarono in un’inchiesta molto approfondita, ma non fu possibile giungere a conclusioni concordate». Furono stilate due relazioni separate e ora, visti anche gli sviluppi processuali, «il punto di vista che fu recepito dal rapporto per quanto ci riguarda costituisce il punto di riferimento». Tanto più che la magistratura è indipendente e autonoma e continua a lavorare. «Siamo di fronte a un rinvio a giudizio, quindi il processo si deve ancora svolgere». Gli americani invece ritengono che con la stesura del rapporto della commissione tutti gli accertamenti si siano esauriti. Da qui le differenze di atteggiamento e la richiesta della Farnesina a collaborare applicando il trattato di mutua assistenza giudiziaria.
Per Bobo Craxi, sottosegretario agli Esteri, è un fatto di procedure. «In Italia - dice - c'è una legge da applicare che prevede in questo caso una richiesta formale al governo degli Stati Uniti». Ma non solo. «La cosa riguarda la cooperazione giudiziaria tra i due Paesi. Sappiamo che quando fu sollevato dal governo precedente, il problema mise in difficoltà i nostri rapporti. Queste sono questioni che incidono, influenzano un clima. Ma all'orizzonte ci sono situazioni impegnative in cui un'Italia autorevole, che parla alla pari col proprio alleato, può contribuire a ottenere obiettivi importanti. Dobbiamo ridare al nostro rapporto con gli Stati Uniti una forza intrinseca, e questo lo si ottiene solo con una piena reciprocità». Piero Fassino è meno diplomatico: «Chiediamo che si accerti la verità e chi ha la responsabilità dell’omicidio ne debba rispondere. È un principio che vale in tutti gli Stati del mondo».
L’estradizione probabilmente non verrà mai concessa. Ma al di là del soldato Lozano, per il gup Spinaci «sussistono comunque le condizioni per disporre la citazione», come responsabile civile «del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America, nella persona del segretario alla Difesa pro-tempore».

Robert Gates alla sbarra? «La condotta criminosa - si legge nell’atto con cui il magistrato ha accolto la domanda dell’avvocato di Giuliana Sgrena - è stata posta in essere da Lozano mentre era in servizio a Bagdad alle dipendenze della forza armata statunitense». Ma anche questa richiesta sembra proprio destinata a rimanere sulla carta.

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