Valeria Arnaldi
Palazzi nobiliari e musei, piazze, chiese e basiliche: quasi ovunque, nel mese di dicembre, a Roma si possono ammirare presepi, da quelli classici a quelli «di ultima generazione». Daltronde, la capitale ha una lunga e ricca tradizione nella rappresentazione della natività. Il presepe più antico è quello in marmo realizzato nel 1289 da Arnolfo di Cambio, su incarico di papa Nicolò IV, per la Basilica di Santa Maria Maggiore - detta «ad praesepem» - e, più precisamente per la cripta, dove è conservata la reliquia della mangiatoia nella quale sarebbe stato posto Gesù alla nascita. Oggi la natività arnolfiana è conservata nel museo della Basilica, dove si trova anche quella in argento del reliquiario per la Sacra Culla eseguito, nel 1800, da Giuseppe Valadier.
Antico il presepe dellAra Coeli, con figure a grandezza naturale eseguite da Luigi Ceccon e il celebre «Bambinello», copia di quello che si diceva intagliato da un frate francescano in un ulivo del Getsemani, opera davanti alla quale lusanza - ancora oggi rispettata dalle «vecchie» famiglie romane - vuole che a Natale i bimbi recitino poesie. Doppia rappresentazione per Santa Maria in Via, a largo Chigi: settecentesca di Nicola Maciariello e ambientata nella Roma dellOttocento eseguita dallassociazione Amici del Presepio, responsabile della natività in piazza Navona e del Museo tipologico internazionale del presepe, in via Tor de' Conti, che ospita oltre tremila pezzi da tutto il mondo e, in alcuni periodi, corsi e seminari sullarte presepiale. Ambientazione romana per lopera sulla scalinata di Trinità de Monti, allestita dalla Soprintendenza capitolina ai Beni Culturali, dal 20 dicembre all'8 gennaio: ricostruzione tardo-novecentesca di quella realizzata alla fine dellOttocento dallo scenografo Vincenzo Confidati su bozzetto di Angelo Urbani del Fabretto. Al Fabretto si deve la natività del Museo di Roma in Trastevere, ambientata nei dintorni ottocenteschi di piazza Navona, dove fu esposta fino agli anni Cinquanta.
Lo sfondo cittadino - attuale o «sparito» e ricavato dalle incisioni di Pinelli, che da giovane aveva lavorato nella bottega del padre, noto figurinaio - sopravvive ancora oggi in molte chiese, da SantAgnese fuori le Mura ai Santi Apostoli, senza dimenticare la collezione di presepi, esposta dal 16 dicembre al 15 gennaio a Santa Teresa dAvila e «100 presepi», mostra di opere da tutte le province italiane e da diversi continenti, nelle Sale del Bramante fino al 7 gennaio. Scuola romana, ma anche siciliana, leccese e napoletana - con pannelli didattici sulle caratteristiche di ognuna - per «Presepi... Seguendo la stella cometa», al Centro San Carlo al Corso fino all8 gennaio.
È di Fabio Biancone e dei ragazzi del gruppo «Pegaso» la natività allestita a San Luigi Gonzaga, in via di Villa Emiliani, dal 25 dicembre al 15 gennaio. Nella chiesa di Cristo Re, in viale Mazzini, unintera cappella è stata adibita a presepe da Roberto Gatti e Vittorio Desideri. Realizzato su un palco, il presepio viene inaugurato nella messa della vigilia ed è visibile fino al 31 gennaio, «ma - assicurano i curatori - viene smontato solo a giugno, per vederlo basta chiedere ai sacerdoti». Sfondo palestinese per lopera di Roberto Festucci, Giovanni Scipioni e Bruno Benvenuti nella Basilica San Giovanni Bosco, a Cinecittà, con variazioni di luce a seconda dellora del giorno. Multimediale quello in via Aufidio Namusa, dal 15 dicembre al 15 febbraio, che, con un sistema computerizzato, riproduce alba, tramonto, fasi lunari, vento, pioggia. Non mancano presepi al Museo delle Cere e a SantAndrea della Valle, che vanta un celebre precedente ottocentesco, le cui vesti originali sono oggi usate per quello in Vaticano. E ancora, il presepe dei Netturbini a Porta Cavalleggeri, realizzato da oltre trentanni con pietre provenienti da diverse parti del mondo.
Amato dagli artisti - se ne ricorda uno del Bernini per il principe Barberini - e dalle famiglie nobili - celebri quelli della famiglia Forti sulla Torre degli Anguillara e della Buttarelli in via de Genovesi - il presepio è sempre stato motivo dorgoglio e, perfino, di sfida, per i romani. Del più «bello» del 1802 il ricordo è giunto fino a noi. A realizzarlo, un calzolaio del rione Regola, che lo allestì in terrazza trasformando la finestra in una roccia aperta.