Quel fascino inalterato della radio

Caro direttore, vorrei qui ricordare un evento che coinvolse tutta la famiglia. Abbiamo la radio! In quegli anni si viveva di piccole soddisfazioni, di cose semplici. Un giorno mio padre tornò a casa con un grande involucro legato sul portapacchi della bicicletta, lo posò sul tavolo e, attirata la nostra attenzione, esclamò: abbiamo la radio! Tutti rimasero senza fiato, increduli. La radio, negli anni '40 rappresentava un oggetto voluttuario. Pochi fortunati la possedevano e non era insolito vedere raggruppate più persone ad ascoltare una commedia, la radiocronaca di una partita di calcio, un concerto o il primo quiz della storia (Botta e Risposta, condotto da Silvio Gigli). In una improvvisata riunione di famiglia si decise il luogo di collocazione della radio. Mio padre sistemò l'apparecchio, quindi ruotò il pomolino dell'accensione e sintonizzò la radio su una stazione dove trasmettevano un programma musicale. Il presentatore annunciò: «Canta Alberto Rabagliati». Che meraviglia! Abbiamo la radio! Cosa ne pensa di questo meraviglioso strumento?

Virginio Negri

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Caro Virginio, sono un assoluto estimatore della radio. Se capisco bene, sono un po' più giovane di lei, quindi già cresciuto nell'era della televisione. I ricordi dell'infanzia sono però legati alla radio. Appuntamenti imperdibili erano la Hit Parade del sabato condotta da Luttazzi e Tutto il calcio minuto per minuto la domenica pomeriggio. Ancora prima che la televisione commerciale irrompesse sulla scena, il costume degli italiani e la libertà di espressione furono radicalmente cambiati nei primi anni Settanta dal proliferare delle radio private, in una delle quali peraltro ho iniziato a pasticciare con il mestiere del giornalista. E ancora oggi intervengo più volentieri in radio che sullo schermo.

La mancanza della fisicità permette a te e a chi ascolta di concentrarsi sul contenuto, senza l'angoscia di dover rispettare i «tempi televisivi» o finire dentro pollai dove l'apparire è più importante dell'essere. Sì, per fortuna, come avete esclamato voi in famiglia settant'anni fa, «abbiamo la radio!».

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