Fate saltare il maledetto ultimo ponte

Q uel sottopasso maledetto. Fuori dal bosco, a Traverse, prima dei trecento metri del rettilineo che porta al traguardo. Quel sottopasso maledetto, miraggio di un’isola del tesoro, trappola dei desideri. Là, Pietro e Giorgio mangiavano l’aria fredda di Pragelato quasi sicuri di acciuffare oro e argento. Là, Sabina aveva sognato l’argento di una medaglia, imprevista dunque più bella.
Pragelato. Ieri venivano giù farfalle di neve, finalmente. Quando Pietro e Giorgio, Piller Cottrer e Di Centa, sabato scorso, si erano dovuti arrendere all’orso venuto dal bosco e dalla Siberia, c’era il sole che sapeva di estate. Ieri il cielo era color del latte, la notte aveva portato scompiglio nei bollettini meteo. A Sabina Valbusa è toccata l’ultima frazione di una staffetta che, in qualunque disciplina, dall’atletica leggera al nuoto, riesce a coinvolgere anche chi nulla di quello sport sa. E neppure sa dei giochi torinesi, di sci, di fondo o di abilità veloce. Perché anche la staffetta, come il curling, fa ritornare bambini e sbarbati, lo spirito di gruppo, la terza C contro la terza B, giochi senza frontiere, la bustarella, guardie e ladri. Ma sotto, dentro, sulla neve, con quei due arnesi stretti e lunghi ai piedi, non è un gioco, non è la scommessa con pizza e birra in premio.

No, Follis-Paruzzi-Confortola-Valbusa sono la quota rosa che soffre, spinge, arranca, recupera, scivola, supera e una fetta grande del popolo televisivo fa lo stesso, finalmente abbandonando la spazzatura degli altri canali che ho capito perché si chiamino così. Le four girls, come direbbero quelli del Toroc, si mettono in fila, di fianco (...)

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