Dite quello che volete, dei colleghi del Fatto quotidiano, ma non che non siano pignoli. Cresciuti alla scuola ragionieristica di Travaglio (nella foto), sono in grado di risalire in centesimi alla cifra che avete lasciato di mancia in un anno al bar, e inchiodarvi a una vicenda di corruzione. Eppure, di fronte allEvento, la caduta del Caimano, la ragione calcolante cede il passo alleuforia redazionale. Quattro-pagine-quattro allestite su vita e opere di Berlusconi, roba che neanche lEmilio Fede più spinto. E poi certo numeri, numeri ovunque, ché comunque lì si cucina giornalismo anglosassone, i dati e le cinque W. Il lettore scorre distratto, finché viene risvegliato in lui il tifoso. Di calcio, siamo su un terreno ostico e vincolante, non di politica. Sedici. «I trofei del Milan» berlusconiano. E già ti viene il sospetto, qui ci si è spostati sulla storia della religione pallonara, è materia che conosci, e non ti risulta. Vai a leggere. «Cinque scudetti». No, sono otto. «Tre Champions».
No, sono cinque. «Tre supercoppe europee». No, sono cinque. «Tre supercoppe di Lega». No, sono sei. «Una Fifa World Cup». Sì, ma ci sono anche due Coppe Intercontinentali, prima si chiamava così. La solitaria Coppa Italia sì, cè. Hanno sbianchettato dodici titoli al Milan dal 1987 a oggi, uno ogni due anni. I rossoneri in versione berlusconiana hanno vinto ventotto titoli, non sedici. Galliani lo scandisce in ogni dove dal 6 agosto (Supercoppa strappata allInter), lalbo doro dovrebbe essere pratica elementare, per chi ha confidenza con faldoni quotidiani dintercettazioni (pseudo) secretate. Pensate, le paginate sono addirittura «a cura di Marco Travaglio», una garanzia in fatto di pedanteria aritmetica. Leuforia, devessere stata quella. Ha perso la Carlucci, togliamogli anche Van Basten e Capello, Sacchi e Kakà.
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