Nuove accuse, nuovi indagati, veleni, vendette incrociate. L’inchiesta sull’ex capogruppo alla Regione Lazio Franco Fiorito ( nel tondo ) assume sempre piùi contorni di un vero e proprio tsunami che non risparmia nessuno. Il Batman di Anagni è indagato anche dalla Procura di Viterbo e con lui una ventina di persone, tra cui alcuni esponenti del coordinamento del Pdl regionale che avrebbero preso parte ad una riunione in cui si decise di affidare allastampa alcune fatture del gruppo regionale. L’indagine è quella sulla falsificazione di queste fatture, relative a spese sostenute da Francesco Battistoni, successore di Fiorito e suo nemico numero uno. Le ricevute, alcune taroccate e altre create ex novo , sono state pubblicate da un giornale on line con l’obiettivo di screditarlo. Il suo legale, Enrico Valentini, ha presentato una denuncia dando il via all’indagine poi confluita in quella che vede indagato anche l’ex assessore regionale all’Agricoltura Angela Birindelli. Finora Fiorito veniva considerato un testimone, ora è accusato di diffamazione e falso. Per i magistrati viterbesi, insomma, avrebbe contraffatto le fatture messe online dal giornalista Paolo Gianlorenzo, artefice di un’infuocata campagna stampa contro Battistoni, storico avversario politico della Birindelli. Ieri Fiorito è stato interrogato per la seconda volta dal pm Massimiliano Siddi. Ha spiegato di non aver mai incontrato il giornalista e che le fatture consegnate alla Procura di Roma, dove è indagato per peculato per essersi appropriato dei fondi del Pdl, sono autentiche. «Abbiamo ricostruito tutti i passaggi - spiega l’avvocato Carlo Taormina - da quando le fatture sono entrate nella disponibilità del gruppo a quando sono arrivate a Gianlorenzo».
L’ex capogruppo ha raccontato ai pm di quella volta in cui fotocopiò delle carte nell’ufficio del coordinatore regionale Vincenzo Piso.
E lì, nelle vicinanze, avrebbe incontrato la Birindelli. E per provare che le fatture in questione non possono essere state consegnate da lui, Fiorito ha rivelato che parte di quei documenti, tra cui alcune ricevute di una trasferta fatta da Battistoni alla Fiera dei cavalli di Verona,non erano nella disponibilità del gruppo ma dell’assessorato. Una stoccata indiretta, per tirarsi fuori e chiamare in causa altri. La decisione di distribuire alla stampa i documenti contabili del gruppo in una sorta di «operazione pulizia » per denunciare gli sprechi fu presa il 12 settembre.
Quelle fatture, però, arrivarono sul tavolo della riunione già falsificate. Chi partecipò a quell’incontro, dunque, autorizzò la diffusione di un documento falso. Si indaga per capire se qualcuno abbia anche concorso alla creazione di documenti taroccati. I pm hanno accertato che le copie vennero fatte nella stanza di Piso. Che ora si ritrova nei guai. «Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia dice - siamo ai limiti della fantascienza, è una situazione kafkiana. Non capisco su che base dovrei essere indagato. C’è stata una guerra all’interno del gruppo e io ho cercato di capire cosa stava succedendo. È un delitto fare fotocopie?».L’ex sindaco di Anagni ha raccontato anche di quando, il 18 agosto, in piena faida nel Pdl ma a scandalo dei fondi non ancora esploso, il neocapogruppo Battistoni si presentò alla segreteria di Fiorito intimandogli di aprire l’ufficio e portò via due faldoni di documenti. Un blitz del tutto legittimo, considerato che Battistoni era capogruppo dal 24 luglio.
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