Favino rievoca il tennis che era il campo della vita. "Oggi è cambiato tutto"

Nel film "Il maestro" è un ex campione che allena un ragazzino negli anni '80. Spiegando un'epoca

Favino rievoca il tennis che era il campo della vita. "Oggi è cambiato tutto"
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"Ho fatto vedere in film a un amico che si chiama Adriano Panatta che mi ha fatto tanti complimenti, mi ha detto che racconta meravigliosamente il mondo del tennis, se non fosse per quella tua volée di rovescio con la padella". Scherza, ma non troppo, Pier Francesco Favino che, protagonista assoluto del film di Andrea Di Stefano Il maestro ambientato in una tarda estate degli anni 80, veste i panni di Raul Gatti. Ovverosia un sedicente ex campione di tennis, forse arrivato addirittura un ottavo di finale al Foro Italico, a cui il padre del piccolo Felice, 13 anni, lo affida, dopo anni di allenamenti duri e regole ferree, per affrontare i tornei nazionali.

Di partita in partita, i due iniziano un viaggio lungo la penisola che, tra metodi un po' curiosi, sconfitte, stanze d'albergo, bugie, incomprensioni e incontri bizzarri, porterà Felice a scoprire il sapore della libertà e Raul a intravedere la possibilità di un nuovo inizio. Tra i due nasce un legame combattuto ma profondo, per certi versi irripetibile. Proprio come quell'estate che arriva una volta sola e non torna mai più.

Scritto dal regista insieme a Ludovica Rampoldi, Il maestro arriva nelle sale dal 12 novembre con Vision Distribution in uno dei momenti più felici per il tennis italiano: "A me piaceva quello di Vilas, di quelli che spaccavano le racchette. Gaglioffi che tiravano l'alba prima di andare a giocare, e così pensavamo di poterlo fare anche noi, mentre oggi non è possibile nemmeno immaginarlo. C'è una generazione di tennisti così in alto nella storia, rimango per esempio sbalordito da Sinner che dimentica l'errore appena commesso e va avanti mentre sappiamo la gabbia mentale in cui si può entrare", dice Favino che, dopodomani, sarà a Torino, alla vigilia delle ATP Finals, per un anteprima del film all'Uci Lingotto e che aggiunge di essere fermo, in materia, proprio a quello sport negli anni '80 "quando non si faceva nessuna fatica a usare una sola mano e a essere rigido. A me è piaciuto che il regista volesse raccontare una storia che ha vissuto realmente con il tennis dei circoli, dei ragazzini, mentre io scendevo in cortile con la pallina e rompevo l'anima al vicinato giocando contro il muro".

Il film, un road movie che può richiamare classici della commedia all'italiana come Il sorpasso, sa anche essere corale perché tanti sono gli incontri con una serie di interpreti molto ben assortiti come Dora Romano, Valentina Bellè, Astrid Meloni, Chiara Bassermann, Paolo Briguglia, Roberto Zibetti e addirittura Edwige Fenech ma ha nel piccolo Felice, interpretato da un perfetto Tiziano Menichelli che, alla scorsa Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia ha vinto il premio RB Casting, il contrappunto ideale alla cialtronaggine del personaggio del suo maestro.

Il film, prodotto da Indigo Film e da Indiana Production, ha un insieme di contributi tecnici che ci riportano alle atmosfere degli anni '80, come Matteo Coco alla fotografia, Giogiò Franchini al montaggio, Carmine Guarino alle scenografie e Bartosz Szpak alle musiche (c'è poi un grandissimo repertorio), facendoci così innamorare dei due protagonisti: "Ecco, conclude

Favino, mi piacerebbe proprio che il pubblico uscisse dal cinema volendoseli portare a cena. Il maestro è simile a tutti noi che siamo accomunati dalla possibilità di sbagliare perché siamo meravigliosamente imperfetti".

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