A FAVORE La vera riforma sarebbe triplicare i loro stipendi

Fanno un lavoro faticoso e di responsabilità: meritano rispetto e buste paga eque

Un professore di scuola media può vivere dignitosamente con la sua famiglia prenden­do 1.300 euro al mese? Conosco molti miei col­leghi delle medie che vivono dignitosamente con quello stipendio. La questione però non è la dignità, ma il rispetto. In modo indegno può vivere chi si mette in tasca qualche milione di euro, e solo perché è ricco riesce a farsi rispet­tare. Ma il professore ha bisogno di un rispetto particolare. Non è tanto quello che può riceve­re dalla propria famiglia, che dipende dalla sua capacità di essere padre e marito, neppu­re quello che deve ricevere dalla sua scolare­sca. Il rispetto di cui lui ha bisogno per lavora­re bene è quello che gli deve tributare la socie­tà. È inutile fare i moralisti: basta aprire occhi e orecchie per accorgersi che abitiamo un mon­do in cui chi ha più soldi, più è considerato. In astratto tutti sono disposti a spergiurare sul fat­to che ritengono la scuola, l’istruzione, il ruolo dell’educatore importantissimi, alla base del futuro della società, del suo sviluppo economi­co e culturale. Tanti bei pensieri edificanti e civili che, poi, alla prova dei fatti si squagliano come neve al sole.

E i fatti sono la reale conside­razione pubblica di cui code l’insegnante: è giudicato un poveraccio, uno che nella vita non ha saputo fare di meglio (cioè economica­mente più vantaggioso) e si è rifugiato nella più comoda attività del professore. Attività comoda, si dice: lavora poco, ha tan­te vacanze, si mette in malattia quando vuole perché comunque a sostituirlo c’è il supplen­te. Quegli ignoranti che dicono così, non han­no neppure un barlume di idea di cosa signifi­chi una scuola. Insegnare,ottenere l’interesse dei propri ra­gazzi, mantenere la disciplina in classi sem­pre più numerose è faticosissimo. Poi ci sono i compiti da correggere, cosa che si fa a casa, ci sono le lezioni da preparare, cosa che si fa fuo­ri dall’orario scolastico, ci sono riunioni colle­giali per coordinare i piani di studio e per orga­nizzare la didattica, ci sono gli esami alla fine dei normali corsi. E forse ho dimenticato di aggiungere qualcos’altro.

Ma le famiglie cre­dono che il professore sia un fannullone, così gli fanno fare anche il baby sitter, perché loro non possono seguire i figli. E però, per cancel­lare il senso di colpa del proprio disinteresse, appena trovano il tempo hanno l’arroganzadi giudicarlo. Generalmente sono sempre scon­tenti. Più volte ho sostenuto che una vera rifor­ma della scuola deve cominciare con la tripli­cazione degli stipendi dei docenti. Non è de­magogia: una retribuzione un po’ alta rende­rebbe importante e competitivo il lavoro del­l’insegnante, lavoro che riceverebbe così sia una diversa considerazione sociale, sia inte­resserebbe i giovani laureati più brillanti che non fuggirebbero più alla sola idea di insegna­re. I concorsi per la docenza potrebbero attin­gere a un bacino di candidati più ampio e qua­­lificato e la selezione sarebbe indubbiamente migliore.

Va infatti sottolineato che un proble­ma fondamentale della nostra scuola è pro­prio la forte difformità di qualità degli inse­gnanti. Alcuni eccellenti (nonostante i sacrifi­ci e la scarsa considerazione pubblica), altri lavativi perché, guadagnando poco, hanno tutte le scuse per non impegnarsi.

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