Fecondazione, è scontro fra Regione e Curia

Fecondazione, è scontro fra Regione e Curia

(...) contraccettiva al San Paolo di Savona, Tarcisio Bertone, l’altro giorno, non ha detto che intende «chiudere il reparto di ricerca, di sperimentazione e di procreazione assistita», ma, come ha precisato ieri sera l’arcidiocesi, «ha soltanto detto che questa attività gli crea dei problemi perché, mentre per la legge 194 non ci si può opporre alle donne che chiedono l’interruzione di gravidanza, per la legge 40, come ospedale Galliera non si è obbligati a introdurre un reparto sulla procreazione assistita. C’è quindi una differenza di obbligatorietà anche in una struttura pubblica».
Al Galliera, dove i medici sono tutti obbiettori di coscienza, il personale che pratica gli aborti, un paio di centinaia all’anno, come ha precisato il primario del reparto Felice Repetti, arriva da altri ospedali come l’Evangelico. Per quanto riguarda la fecondazione artificiale, invece, da un paio di anni, cioè da quando lo staff del San Martino si è trasferito al Galliera, si parla di circa 240 interventi contro i 140 del nosocomio del levante. La lista di attesa è molto lunga: ci sono almeno tremila domande in Liguria. Il costo, privatamente, è di circa 3mila euro e molti genovesi vanno a Torino o in altri centri, anche esteri.
Ma l’assessore Claudio Montaldo, prima ancora di ascoltare le precisazioni del cardinale, oppure di fare un passo in piazza Matteotti, ha preferito «non capire», e contestare l’arcivescovo, insieme ai Ds: «Domani in giunta presenterò il regolamento per l’autorizzazione delle strutture pubbliche e private, Galliera incluso, che erogano prestazioni di procreazione medicalmente assistita. Questo ospedale è una struttura pubblica ed è inserito in un circuito pubblico finanziato dalla Regione, e quindi dal servizio sanitario nazionale. Per legge si deve fornire il servizio previsto e anche votato recentemente dal parlamento».
Probabilmente sarà battaglia anche nella stessa maggioranza di centrosinistra dove sono note le idee del cattolico Massimiliano Costa, vicepresidente e uomo di punta della Margherita. Ieri Costa non ha voluto commentare, evitando accuratamente di stare da una o dall'altra parte: «Preferisco non fare dichiarazioni - ha spiegato il vicepresidente regionale - per rispetto al collega assessore».
Non è tutto. «Ci sono state scelte discutibili - aggiunge Claudio Gustavino, capogruppo della Margherita - perché in Liguria basterebbe potenziare il centro di San Martino, che è un ospedale laico, invece di indirizzare risorse verso una struttura ospedaliera storicamente cattolica».
Ad accanirsi contro il cardinale sono anche altri esponenti del centrosinistra: «Nessuno, neppure il presidente del Galliera può ergersi al di sopra delle leggi dello Stato - dicono Alfonso Pittaluga e Mario Tullo, segretari provinciale e regionale Ds - usando dichiarazioni che mirano a limitare e condizionare l’attività medica e scientifica. La legge dello Stato è espressione del potere legislativo democraticamente eletto e non può essere subordinata a nessuna credenza religiosa». «Si è aperto un nuovo capitolo della crociata che la diocesi ligure ha deciso di portare avanti contro le donne, le coppie e i medici - dice Alessandro Rosasco dei Radicali italiani - l’attacco si è fatto più aggressivo dopo la vicenda della sperimentazione della pillola abortiva a Savona e da quel momento il Cardinale ha perso ogni freno inibitore, ogni cautela che il suo ruolo dovrebbe imporgli. Gli anatemi della Curia genovese sono ormai quotidiani».
Ma il cardinale non ci sta. E precisa: «La legge 40 non è una legge cattolica ma il male minore che si può ottenere in questo momento storico, e l’astensione dei cattolici al referendum ha permesso alla stessa di diventare una norma dello Stato. Ho solo detto che questo mi crea un problema di coscienza - insiste il cardinale - e che ho promosso uno studio circa l’applicazione della legge 40 all’ospedale Galliera. Ospedale che, ripeto, non è della Chiesa ma è una struttura pubblica, finanziata con i fondi del servizio sanitario nazionale anche se per statuto il presidente è l’arcivescovo di Genova».
Non basta: «Voglio studiare - sottolinea Bertone - le modalità di applicazione all’interno del centro di fecondazione assistita che è un centro all’avanguardia a livello nazionale ed internazionale.

Saranno poi il consiglio di amministrazione e la commissione scientifica a dire l’ultima parola. Bisogna però cercare di applicare, per quanto possibile, le terapie alternative alla procreazione in vitro, infatti il 60 per cento dei casi di difficoltà a procreare finora sono stati risolti con queste terapie».

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