da Milano
I timori legati al rallentamento della crescita economica continuano a prevalere sulle preoccupazioni derivanti dallinflazione. È lo stesso scenario dinizio agosto, quando per la prima volta dal giugno 2004 la Federal Reserve aveva deciso di non ritoccare verso lalto i tassi. E così è stato anche ieri, con puntuale rispetto del copione: il costo del denaro è rimasto quindi invariato al 5,25%, in attesa che i prossimi dati congiunturali rendano ancora più chiare le prospettive degli Stati Uniti.
Allinterno dellistituto guidato da Ben Bernanke, tuttavia, resta aperto il dibattito su quali siano gli indirizzi di politica monetaria più adatti per fronteggiare da un lato i rischi di surriscaldamento dei prezzi che - avverte il comunicato della Fed - «ancora permangono» pur se temperati dal «minor impeto dei prezzi energetici» (negli ultimi due mesi le quotazioni del petrolio sono scese del 20%) e, dallaltro, la decelerazione - forse più rapida del previsto - del ciclo economico. Come era accaduto nella riunione di inizio agosto, anche ieri Jeffrey Lacker ha votato contro la decisione di mantenere fermi i tassi e ha ribadito la necessità di una stretta di 25 punti base. A dispetto dei 10 voti raccolti dalla proposta di lasciare il costo del denaro al 5,25%, le discussioni allinterno del board sembra siano state ancora una volta animate.
Proprio per questo, la banca di Washington lascia ancora aperta la porta a ulteriori aggiustamenti della politica monetaria. «Possibili futuri rialzi dei tassi - spiega la nota - dipenderanno dai dati economici». È evidente che la Fed continuerà a monitorare con grande attenzione levoluzione del mercato immobiliare, il sintomo più evidente della frenata della crescita Usa.
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