Federalismo con l’ok dei giudici: risorse regionali alle ditte locali

Innovativa pronuncia del Tar sui finanziamenti pubblici alle imprese: "Fondi da riservare ai residenti. Non vadano a soggetti con sede altrove"

Federalismo con l’ok dei giudici: 
risorse regionali alle ditte locali

«Le risorse della Regione devono essere impiegate a vantaggio dei propri cittadini e non per avvantaggiare soggetti non residenti in Lombardia»: è una sentenza dal sapore squisitamente federalista quella emessa dal Tar nei giorni scorsi. Chiamato a dirimere una controversia su una materia che la stessa sezione giudicante definisce «particolare» e «opinabile» il collegio si è appellato alla riforma (nel 2001) dell’articolo quinto della Costituzione riguardante il sistema delle autonomie locali e il suo rapporto con lo Stato. A ricorrere contro la Regione Lombardia era stata la Eurofidi, esclusa dai finanziamenti regionali per i Consorzi che offrono garanzie per favorire la concessione di credito alle Piccole e Medie Aziende, perché operante su tutto il territorio nazionale e non solo in Lombardia. Nel concorso era previsto che per accedere ai finanziamenti regionali fosse necessario che l’anno prima almeno i due terzi delle garanzie rilasciate fossero state in favore di imprese lombarde. La Eurofidi pur avendo prestato garanzie per somme ingenti ad imprese aventi sedi in Lombardia, per il suo carattere nazionale non era in grado di rispettare una percentuale così elevata rispetto ad un limitato territorio. Contro questa clausola la Eurofidi si era rivolta al Tar lamentando «una restrizione eccessiva e immotivata dei soggetti finanziabili in contrasto con i principi contenuti nell'art. 97 della Costituzione di imparzialità». «Una siffatta illegittima restrizione - scriveva la Eurofidi - sarebbe oltretutto in contrasto con il principio di libera concorrenza tutelato dalle norme comunitarie». Diverso il parere dei giudici: «La clausola contestata è stata inserita poiché lo scopo del finanziamento è quello di agevolare le imprese operanti in Lombardia - scrivono nella motivazione della sentenza - favorendo un rafforzamento patrimoniale di aziende che svolgono la loro attività in un ambito più vasto, si sarebbe finito per favorire il finanziamento di imprese fuori dal territorio regionale, fuori dagli obiettivi. Non vi è alcuna violazione dei principi contenuti nell’articolo 97 della Costituzione poiché la clausola ritenuta lesiva non viola il canone dell'imparzialità poiché pone una delimitazione oggettiva che è sorretta da una sua ragionevolezza in quanto intende garantire che il rafforzamento patrimoniale vada a beneficio delle imprese lombarde». «Per le stesse ragioni - continuano - esso non appare in contrasto neanche con il criterio del buon andamento tenuto conto che finanziare società come quella ricorrente presenti in modo significativo ma non prevalente nella realtà lombarda significherebbe avvantaggiare indirettamente imprese operanti in altre regioni e un comportamento siffatto andrebbe sì contro le finalità della legge regionale che è all’origine dei finanziamenti di cui ci si occupa». La Regione Lombardia è un ente territoriale che si caratterizza per avere sul piano costituzionale uno statuto politico e amministrativo distinto da quello statale soprattutto dopo la riforma del Titolo quinto della Costituzione, ricordano i giudici.

E «poiché si trattava di una forma di aiuto indiretto alle imprese, senza tale requisito si rischiava di rafforzare consorzi che avrebbero potuto far fruire di questa maggior solidità patrimoniale anche imprese operanti fuori del territorio lombardo, con la conseguenza che, risorse che debbono dalla Regione essere impiegate ad esclusivo vantaggio dei propri cittadini, sarebbero andate a vantaggio di soggetti non residenti in Lombardia».

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