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«La Federazione deve iniziare a pensare a noi»

«La Federazione deve iniziare a pensare a noi»

Per due giorni ha potuto misurarsi con i più forti bikers del mondo. Per questo adesso, anche se la classifica di tappa del Qashqai Urban Challenge lo vede solamente al diciannovesimo posto, Giacomo Bisi è soddisfatto. «Per noi italiani, abituati nel free riding in mountain bike a una situazione di forte ritardo rispetto ad altri Paesi, è stata un’esperienza fantastica». Torinese, 19 anni, impegnato in salti e acrobazie in sella da quando ne aveva 15, Bisi è la punta di diamante di un mondo di giovanissimi atleti che lottano per avere un po’ di visibilità. «Per la Federazione ciclistica non esistiamo - si sfoga - e le uniche gare sono quelle organizzate da team o aziende private, come nel caso del Qashqai Urban Challenge, che per noi ha rappresentato un’eccezionale vetrina». Anche gli spazi per allenarsi non sono molti e spesso sono abusivi, come quello che Bisi utilizza abitualmente a Torino.

«Poco alla volta, però, qualcosa si muove: in montagna, a esempio, gli impianti di risalita vengono tenuti aperti anche in estate, a disposizione di chi vuole raggiungere la cima e poi lanciarsi in discesa con la mountain bike».

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