Montmeló (Spagna) - Felipe dovrebbe piantarla di ringraziare Schumi. È che tutte le volte glielo chiedono: e che cosa ti ha detto Michael prima? e che cosa ti ha detto dopo? e che cosa ti ha consigliato? Per cui va a finire che il povero brasiliano, per spossatezza, mette il registratore dei ringraziamenti a vita e liquida il problema. Perché qui il simpatico paperino di San Paolo ha vinto, dominato e combattuto tutto da solo e il palco non lo deve condividere con nessuno. L’enorme crucco non c’entra. Anzi, a volerla dire tutta, la sensazione è che, se nella fatidica prima curva a fare a sportellate con Alonso ci fosse stato il tedesco, forse la gara dei due sarebbe finita prima. Perché Felipe ha avuto il merito di lottare senza compiere quegli accenni di manovra forzati che hanno sempre caratterizzato le difese o gli attacchi di Michael. E perché il feeling tra l’omone germanico e quello spagnolo non è mai stato grande. Ben diversi i trascorsi fra Felipe e Fernando.
Per cui lo spagnolo è arrabbiato, ma questo non gli impedisce di andare a congratularsi con il vincitore. Anche se un attimo dopo sarà polemica fra i due: «Ero ormai davanti, quando si lotta per il mondiale non bisogna prendere questi rischi, abbiamo concluso primo e terzo, e forse questo rende meno grave quanto successo, però è stato pericoloso».
E Felipe: «È vero, abbiamo rischiato, ma lui più di me. In fondo io avevo la precedenza, visto che affrontavo la curva all’interno». Parole dette in modo deciso però senza astio, senza far tracimare antipatia... Anzi, è vero il contrario: c’era stima nel duello dialettico fra i due campioni.
Felipe e Fernando si presentano così in sala stampa: sorridono, parlano fra loro, si siedono. Parte il fuoco di fila delle domande: «Ci siamo toccati – spiega Alonso – e a ben vedere è stata una manovra pericolosa: di solito, nel 99 per cento dei casi, quando c’è un duello così al via, alla prima curva, si finisce entrambi fuori... È andata bene» prosegue guardando di tanto in tanto Felipe accanto a lui. «Da quel momento la mia gara è finita: avevo una strategia con meno benzina, dovevo cercare di passare o, almeno, stare incollato a lui. Invece mi sono ritrovato quarto. Per di più con la macchina leggermente danneggiata». Agli spagnoli che gli domandano se ci sono gli estremi per un’indagine dei commissari di pista, lui ribatte: «Non saprei, penso che i giudici abbiano degli alti e bassi. Lo scorso anno, a Monza, mi hanno messo sotto accusa per una manovra che nell’attuale campionato, invece, non viene mai penalizzata. Penso che sia un incidente sul quale ognuno può avere la propria opinione: se guardate la mia macchina, la fiancata posteriore destra è rovinata e questo dimostra che io ero davanti a lui più di mezza auto».
Felipe ascolta e scrolla le spalle. Sorride. Forse pensa che se nei sorpassi è troppo docile lo criticano, se troppo duro pure. Bella storia. Dirà: «Non ho fatto una manovra sbagliata: nella mia carriera sono sempre stato onesto. Se commettevo errori ero il primo ad ammetterlo... Suvvia, queste sono le corse...». Quindi ricorda: «Ho imparato la lezione della Malesia, stavolta non volevo perdere la posizione al via... Certo, è stata una mossa rischiosa, ma era lui a spingermi verso l’interno. D’altra parte, per vincere qui era cruciale il via. E sono molto contento di quanto ho saputo fare. Diciamo che abbiamo rischiato in due ed è andata male a lui». Quindi avverte. «Lo dico chiaro e tondo: tutte le volte che mi troverò in una situazione simile, entrerò in curva in quel modo... Se ho dimostrato che al via certi scherzi me li possono fare una volta sola? Ho fatto vedere che so essere aggressivo anch’io. In Malesia ho pagato tanto, stavolta ho fatto il mio dovere al 100 per cento».
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