Caro presidente Casini, non dire così. Non ho (non abbiamo) attaccato il tuo partito perché tutto sommato non è il peggiore dell’opposizione e per tanti anni ha collaborato, non sempre bene, con la maggioranza in cui, forse, gli converrebbe rientrare per dareun contributo alla governabilità. La storia del «cacasotto » non me la sono inventata: era su parecchi siti autorevoli e l’ho ripresa senza dubitare della sua fondatezza, perché è noto il desiderio dell’Udc di cambiare manico a Palazzo Chigi. La mia trascurabile opinione è diversa dalla tua: un’uscita di scena di Silvio Berlusconi creerebbe una confusione maggiore dell’attuale.
Per ragioni molto semplici: 1) non vedo una alternativa né al premier in carica né alla coalizione che lo sostiene; 2) eventuali elezioni anticipate non si potrebbero indire se non in primavera, a causa di banali ma imprescindibili problemi di calendario; 3) in attesa di marzo (2012), chi si assumerebbe l’onere di affrontare l’emergenza economico- finanziaria? Ovviamente tutto si può fare, anche un esecutivo tecnico o di transizione o di responsabilità nazionale. Ma perché farlo quando ce n’è già uno «normale» che, per quanto funestato da polemiche (spesso pretestuose), gode in Parlamento dei numeri necessari a reggersi in piedi? Il governo che proponi tu, caro presidente, quali garanzie di efficienza offrirebbe? Vuoi elencarmi i partiti idonei e disposti ad appoggiarlo? E con che programma sarebbe in grado di coagulare consensi alle Camere e, soprattutto, di rilanciare il Paese con più efficacia rispetto a quello del Cavaliere? Le mie domande non nascono da pregiudizi nei confronti di qualsiasi novità o tentativo di svolta politica.
Ma esigono una risposta per sapere se valga la pena abbandonare la vecchia strada per intraprenderne una nuova lastricata di incognite. Il mio timore è che si finisca dalla padella nella brace. Non sarebbe la prima volta che un presidente del Consiglio sia rivalutato dal successore e quindi rimpianto. Su un punto comunque concordo con te. Giulio Tremonti è continuamente costretto a cercare un compromesso con Pdl, Lega e Palazzo Chigi. Il che gli impedisce di adottare una linea coerente con gli obiettivi di rigore e di risanamento che egli si pone onde togliere l’Italia dal rischio tracollo e, contestualmente, costruire le premesse dell’agognata ripresa.Ma vogliamo dirci la verità con franchezza? È sempre stato così da quando la Repubblica (non il quotidiano) esprime governi di coalizione (due o più partiti) in mancanza di una forza politica superiore al 50 per cento. Cioè da oltre 60 anni.
Era così anche ai tempi della tua amata Democrazia cristiana. La quale, avendo la maggioranza relativa ma non assoluta, era bisognosa di allearsi coi repubblicani, coi socialdemocratici, e anche coi socialisti nenniani (dal 1960 in poi), al fine di raggiungere la quantità di voti indispensabile per ottenere la fiducia. E le alleanze vivono soltanto se riescono a conciliare gli interessi dei partiti che vi aderiscono. Nel momento in cui le singole posizioni sono distanti l’una dall’altra occorre mediare per trovare una sintesi comune. Altrimenti salta il patto. Va da sé che nelle trattative ciascuna parte deve rinunciare a qualcosa in favore del gruppo. Facile a dirsi, meno a farsi.
Se oggi è complicato per il Pdl e la Lega ritrovarsi in sintonia, figuriamoci quanto lo sarebbe in una coalizione che comprendesse, come tu auspichi, chessò, anche il Pd,l’Idv,l’Udc e altri.L’esperienza insegna che le ammucchiate tipo la memorabile Solidarietà nazionale (anni Settanta) sono destinate a fallire, quantomeno a durare poco. Obietterai che alla cancelliera Angela Merkel il giochetto è riuscito. Giusto. Ma lei ha avuto a che fare coi tedeschi, noi invece siamo italiani, tutt’altra faccenda. Dare la colpa delle grane nostrane a Berlusconi o a Bossi o a Tremonti è semplicistico e ingenuo. Sarebbe più onesto riconoscere che questo sistema non produce di meglio perché è difettoso. Alcuni esempi. Il Cavaliere progettava di abolire le Province; vi ha rinunciato perché la Lega era ed è contraria all’eliminazione di enti che ha occupato.
Il Cavaliere voleva (già nel 1994) riordinare la spesa previdenziale fuori controllo, spaventosa; e gli cadde il governo in testa causa proteste dentro e fuori la maggioranza. Il Cavaliere perseguiva la rivoluzione liberale; gli è andata buca perché non appena hasfiorato una corporazione è stato minacciato. Il Cavaliere mirava alla deregulation; niente da fare, l’avrebbero ammazzato. Il Cavaliere puntava ad abbassare le tasse; gli danno del matto. Il Cavaliere chiede di tagliare gli sprechi (ce ne sono a bizzeffe); e gli legano le mani.
Perché non è possibile agire a vantaggio del popolo? Perché tutti, in nome del popo-lo, e della pace sociale, in realtà difendono lo status quo per paura di scontentare le categorie privilegiate e di perdere i voti degli amici. Risultato: nessun si muove, e la nave va alla deriva. Sono consapevole che l’Italia non è la Grecia. Ma se non si muta registro in fretta faremo presto la stessa fine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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