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«La Ferrari non mi ha voluto e ora mi prendo la rivincita»

Alonso: «A Maranello tutti hanno occhi solo per Schumi e volevano Kimi come seconda guida. Il mondiale non è finito: oggi dovrò difendermi»

Benny Casadei Lucchi

nostro inviato

a Indianapolis

In the middle of nowhere, al centro del niente, dicono gli americani parlando di Indianapolis. Per loro, questa città nel nulla di un’interminabile campagna a stelle e strisce vuole infatti dire motori, ma anche noia, dolce far niente. Ha invece molto da fare Fernando Alonso, che in tasca si è appena messo un record storico, visto che «nessuno aveva mai conquistato 84 punti in nove gran premi» racconta lui stesso.
Ha da fare, il campione del mondo, ma al contrario di molti suoi colleghi che il podio l’hanno visto solo in cartolina, Fernando saluta, si siede, sorride, parla, risponde, non si nasconde dietro la foglia di fico del sentirsi un dio dei motori. Tanto più che qui, al centro del niente, Alonso ha un’altra missione da portare a termine: concludere una gara che mai l’ha visto al traguardo.
Sembra una barzelletta, ma è così. Non solo: vuole mettere qualche puntino sulle «i». Per esempio, quando parla della Ferrari che non l’ha cercato, quando racconta della scelta di lasciare la Renault per la McLaren, per esempio quando smentisce le voci che lo vorrebbero titubante e pronto a restare con i francesi nonostante il contratto firmato a novembre con le frecce d’argento.
Dice: «Ora mi interessa solo vincere con la Renault il mondiale piloti e quello costruttori per poter uscire dal team dalla porta principale e iniziare la mia nuova avventura alla McLaren... Non ho rimorsi per la scelta fatta, anzi, sono sicuro che la mia nuova squadra sarà quella da battere il prossimo anno».
A Montreal, la Ferrari le ha fatto i complimenti; hanno detto che lei non solo è forte, ma è ancora cresciuto, è ancora maturato. Per lei è come una rivincita?
«Sì, lo è. Lo scorso anno la Ferrari non mi ha cercato; forse volevano aspettare quest’anno o forse, più semplicemente, pensavano solo a Raikkonen e a Schumacher. Così ho guardato ad altri team».
Vuol dire che era disponibile?
«Certo... Pensi che ho valutato anche le offerte di team minori. Poi ho scelto la McLaren per un discorso di motivazioni: è una squadra vincente, ma che da troppo tempo non conquista il mondiale. E io posso farcela...».
Lei ha sempre detto, anche quando annunciò il passaggio alla McLaren, che non avrebbe mai posto condizioni sul compagno. Vuol dire che se la Ferrari l’avesse chiamata, avrebbe accettato la convivenza con Schumi?
«Però se si va alla Ferrari, ora come ora, è solo per aiutare Michael, e non è giusto, non vale, non serve. Per questo è difficile andare da loro: finché ci sarà lui, a Maranello avranno sempre tutti e due gli occhi puntati sulla macchina di Michael e il secondo pilota sarà sempre in difficoltà».
Quando ha firmato da campione del mondo per la McLaren, era pronto a convivere con Kimi?
«Certo, e poi lottare con lui mi avrebbe fatto e mi farebbe piacere. Perché nel 2005 molti hanno detto e scritto che il mondiale l’avevo vinto per l’affidabilità della Renault e che Raikkonen era il più veloce e che aveva perso il titolo solo per i problemi avuti dalla sua monoposto. Immaginatevi la soddisfazione nel vedere che proprio quel team cercava me...».
Come si vive da campione del mondo?
«È tutto uguale: ogni gara è una sfida, ogni gara è paura, è responsabilità. Ogni volta ti dimentichi che hai 84 punti e un titolo mondiale, ti viene invece il timore che tutto vada male, ti senti debole, anche se sei il campione del mondo».
Tutti dicono che lei e Raikkonen siete ormai i più forti.
«Sì, siamo giovani e con due auto competitive. I nostri duelli sono sempre molto belli e la gente si diverte con noi, e vede un futuro con più battaglie».
Ma non le fa rabbia lasciare ad altri una Renault così competitiva?
«No, anche se so che il prossimo anno la Renault avrà ancora una grande auto... Però, per vincere un mondiale ci vuole più di una grande macchina».
Serve il pilota, il grande pilota. Spera di essere rimpianto?
«Sì, altrimenti vorrebbe dire che stanno vincendo troppo».
E senza di lei, in Renault, Fisichella potrà finalmente inseririsi nella lotta per il titolo?
«Spero di sì, lo spero per lui, se lo merita. Anche nella passata stagione e quest’anno ha avuto l’opportunità, ma per diversi problemi non è mai riuscito a salire sul treno vincente».
Non pensa che anche lei, magari senza volerlo, solo per il suo carisma, oppure perché adesso è il campione del mondo, abbia tutta la squadra dalla sua parte proprio come Schumacher alla Ferrari?
«No, non lo penso. Sono sincero, ritengo che qui tutti ricevano lo stesso trattamento. E il team ama Fisico come ama me. Qui non è come in altre squadre».
A inizio stagione avrebbe mai pensato che tutto sarebbe stato così facile, che dopo nove gare avrebbe avuto un simile vantaggio?
«No, per nulla. Non lo pensavo. E comunque avete visto: in pole qui c’è la Ferrari, è più veloce, io ho fatto il massimo ma non è bastato.

Stavolta, in gara, non potrò far altro che limitare i danni».

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