Montmelò - Ammettiamolo: Kimi Raikkonen fa sembrare quel crucco freddo e talentuoso quasi un caldo latino. Sul podio, al nuovo Schumi è mancato solo il saltello. Per il resto pareva lui: kaiser Michael. E prima, in pista, che meraviglia: pole e dominio assoluto, vittoria numero 17 per lui, dopo aver a lungo controllato un compagno inferocito pronto ad azzannargli le caviglie: Felipe Massa.
La Ferrari di Spagna ha vinto così, con autorità e sicurezza, fra spaventi, strategie e avversari che, diavolo di un diavolo, proprio non vogliono mollare la presa. Lewis Hamilton e la McLaren-Mercedes terzi, Kubica e la Bmw quarti sono lì a dimostrare che il campionato si deciderà solo dopo l’estate. Ampiamente dopo. Questa Ferrari italiana che parla imolese – meraviglioso siparietto tra il gran capo Domenicali e un cronista - davanti a plotoni d’inglesi stupiti e infastiditi, questa Ferrari che tracima rispetto e simpatia - due cosette che di solito non vanno a braccetto - è una Ferrari che ha le idee chiarissime: «Non siamo sorpresi dal recupero in campionato, semmai dall’aver sbagliato in Australia – spiega Domenicali –. Dobbiamo continuare ad essere cattivi; gli avversari sono vicini, le due safety car hanno neutralizzato il vantaggio che stavamo costruendo in pista (avrebbero concluso con almeno 12 secondi di distacco anziché il secondo scarno di Felipe su Lewis, ndr), ma i rivali sono comunque lì: Hamilton è stato velocissimo».
E adesso, complici gli zero punti di Heidfeld, Raikkonen guida il mondiale con 9 punti su Hamilton (quota 19 per Kubica, 18 per Massa); e adesso il Cavallino galoppa finalmente davanti nella classifica costruttori; e adesso diverrà sempre più difficile gestire i due galletti di rosso vestiti. Perché Kimi dice sereno, come colui che vince per caso, di più, come colui che quasi non si è accorto di aver dominato, dice che «in Turchia ci riproverò, l’obiettivo è solo quello». Più o meno lo stesso concetto espresso da Massa, un filo rabbuiato, accanto a lui. «In effetti sono partito davvero molto bene – dirà il brasiliano –. La mia gara è stata bella ed è logico che, quando non parti in pole, il Gran premio diventi diverso. Sapevo di dovermi fermare un giro prima come Kimi in Bahrein, e in questi casi è dura vincere... Però lui è stato bravissimo. Ho dato il massimo per arrivare secondo, per me, per la squadra». E ancora sul compagno: «D’altra parte, non si può vincere sempre, questi sono punti importanti e il campionato è lungo».
Quanto al nuovo Schumi, rapato come faceva di tanto in tanto l’enorme tedesco, senza saltino però, spiega: «Giorno perfetto ma partenza non perfetta. Diciamo abbastanza buona per restare davanti. In gara avrei potuto spingere di più, ma non era necessario (messaggio a Felipe, ndr). Comunque una bella giornata, non avrei potuto chiedere di più. La pole è fondamentale perché ti consente di evitare, in caso di safety car, certi problemi che poi ti rallentano. Proprio per l’entrata delle safety, alla fine, Hamilton e Kubica erano più vicini di quel che mi sarei aspettato. Quanto alla Turchia, vado per vincere, visto che l’anno scorso eravamo stati forti qui, in Bahrein e anche a Istanbul. Nove punti di vantaggio? Non cambiano nulla, mi danno solo la tranquillità di sapere che se una gara va storta non è un disastro. L’unico momento difficile? C’era traffico ai box durante il secondo pit, per cui ho dovuto aspettare troppo». Quindi, incontentabile: «La mia Ferrari perfetta? Sì, molto buona, non era assolutamente male, però possiamo migliorare ancora».
Dulcis in fundo, i due ferraristi, quasi fossero gemellini, mettono a loro modo una parola fine al tormentone Schumacher.
Raikkonen: «Se ci ha aiutato la sua presenza qui? Aiuta il team, ma io lavoro con i miei ingegneri e lui non è coinvolto in questo». E Felipe: «Sì, è così, e poi lui non è che viene qui e inizia dirci che cosa si deve fare». Come dare torto ai ragazzi: quando è troppo è troppo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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