Festa degli ex An nel segno di Almirante: restiamo uniti

MilanoLa scelta del giorno e dell’ora non era forse delle più felici. Le dieci di un’assolata domenica mattina in una Milano con temperature meteo da primavera avanzata e gradazione politica non ancora riscaldata dal voto imminente. Al Teatro Nuovo di piazza San Babila, luogo storico della destra milanese e del Popolo della libertà, con vicende che corrono dagli anni Sessanta al Predellino, si festeggiavano i sessant’anni del romanissimo Secolo d’Italia.
In principio le bandiere tra le poltrone erano più numerose delle persone ma, già al momento dell’inno nazionale che ha aperto i lavori, i militanti si erano materializzati. E all’ora dell’aperitivo sono arrivati anche i soccorsi azzurri: il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi, e il sottosegretario alla presidenza del consiglio del governo Berlusconi, Paolo Bonaiuti.
«L’aereo di Bonaiuti è in grande ritardo» aveva ripetuto dal palco il coordinatore del Pdl, un ansioso Ignazio La Russa. Il contemporaneo atterraggio di Bonaiuti e di Lupi ha rasserenato gli animi. Due nomi di peso del Popolo della libertà provenienti da Forza Italia, e anche di aree diverse, che hanno movimentato la mattinata politica.
«Stare insieme», «fare fronte comune», «non tornare al passato» il mantra ripetuto dai due azzurri “ritardatari”. Qualche battuta non è mancata. «Nel Pdl possono convivere realtà diverse, persone in odore di santità come Lupi e un vecchio peccatore come me» ha scherzato Bonaiuti. Ad aprire i lavori del compleanno del Secolo d’Italia era stato il coordinatore regionale del Pdl, Mario Mantovani, con un nostalgico accenno alla storia del Msi: «La mia prima uscita ufficiale alla guida del Pdl lombardo è stata per celebrare Giorgio Almirante. Ho ricevuto molte critiche, invece io ne sono onorato, perché credo nel Pdl al cento per cento».
Si è notata qualche assenza, soprattutto tra i rappresentanti dell’area azzurra. Mancava all’appello Mariastella Gelmini, nonostante sui manifesti dell’appuntamento l’ex ministro dell’Istruzione fosse nell’elenco dei relatori. Assente («per ragioni personali» spiegava dal palco La Russa, mandandogli saluti e affettuosi auguri) anche l’ex ministro Paolo Romani, pure lui tra coloro il cui intervento era previsto dal palco. E Denis Verdini, coordinatore nazionale del Popolo della libertà. Non registrata la presenza del presidente della Regione, Roberto Formigoni («impegni suoi, è la Domenica delle Palme» dicono dal Pirellone). Insomma, qualcuno nel giorno festivo ha «bigiato» e non si è presentato a festeggiare il quotidiano nato a Roma nel 1952 e celebrato a Milano sessant’anni dopo.
In tono sempre tra il serio e il faceto nell’aria frizzantina della platea riecheggia un vecchio e sempre nuovo fantasma, che torna a far paura ogni volta che si tratta di chiudere liste di nomi. E poco importa se siano elezioni amministrative, Consigli di amministrazione di società partecipate o gli appena celebrati congressi di partito. Lo spettro si chiama 70 a 30, il rapporto di forze tra Forza Italia e Alleanza nazionale inventato al momento della fusione nel Pdl e che è sempre piaciuto all’ex partito di La Russa. Mai agli azzurri, felici che sia stato finalmente archiviato.

Lo evoca Altero Matteoli, che non lo ha mai amato: «Sono stufo del 70 a 30, è una palla al piede. Lo dicevo a Ignazio già da tempo nel chiuso degli organismi di partito: attenzione, non ci sono più gli ex An e gli ex Fi. C’è il Pdl».SCot

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