Festa finita allo sportello: così cambia il lavoro più invidiato dagli italiani

Festa finita allo sportello: così cambia il lavoro  più invidiato dagli italiani

Lavorare in banca, l’approdo inseguito da più di una generazione come simbolo di ascesa sociale al punto da ispirare una canzone ai Gufi. «Io vado in banca» a «stipendio fisso così mi piazzo e non se ne parla più» verseggiava Nanni Svampa nel 1966, quando un bancario poteva permettersi l’acquisto di una utilitaria quasi con il solo premio di produzione. Ora non è più così, ma seguire dallo sportello bonifici e prelievi degli italiani continua ad assicurare una busta paga superiore in media di un terzo rispetto a quella che riceve un metalmeccanico o un addetto del Commercio.
Basta questo dato per capire perché l’Abi, l’associazione delle banche italiane, ha ingaggiato un duro confronto con i sindacati per sgretolare alcuni dei «diritti» acquisiti. Il rinnovo del contratto oggi in discussione prevede il taglio del 20% del salario di ingresso dei nuovi assunti e di quello degli addetti delle attività esternalizzate che gli istituti di credito sono pronti a riportare in casa. Un esempio per tutti, il call center che almeno una volta nella vita ha costretto tutti noi a lunghi dialoghi con la finta cortesia delle voci registrate e dei menu a scelta multipla. L’obiettivo dell’Abi di Giuseppe Mussari è nitido: abbassare il costo del lavoro per avvicinarlo a quello delle Poste di Massimo Sarmi, che con il Banco Posta dà filo da torcere soprattutto sulla clientela orientata al low cost. Un bancario alla prima esperienza, quello che il contratto definisce un«apprendista», guadagna in media 1.200 euro per 13 mensilità, cui aggiungere l’indennità di cassa da «terminalista» (200 euro circa) che è però difficilmente utilizzata dal momento che il singolo è tutelato da specifiche polizze assicurative di matrice sindacale che rispondono fino a un ammanco di 10mila euro. Non solo: il bancario può contare su 20 giorni di ferie, che lievitano a 25 dopo 10 anni di anzianità, e su 4/5 giorni di festività soppresse. Le stesse che l’Abi vuole ora sospendere insieme a un giro di vite sugli orari, oggi di tutto comodo, per dare la possibilità alle filiali di tenere aperto fino alle dieci di sera. Ad alleggerire la vita del bancario ci sono poi i permessi orari e a dargli una sostanziosa mano economica i contratti integrativi aziendali che negli opulenti anni Ottanta equivalevano ad altri 2.500-3.000 euro.
Oggi la situazione è molto cambiata ma, grazie a un po’ di fantasia e al ricorso a mezzi di retribuzione alternativi come buoni benzina o di altro tipo, continuano a tradursi in una mensilità aggiuntiva. Senza contare che le pensioni sono più che rotonde, anche grazie ai fondi integrativi, e a una cassa di previdenza che vede e provvede per ogni problema di salute fino a 200mila euro.
Il motivo è un contratto forte, così come - sia chiaro - quello di cui godono altre categorie professionali, compresa quella cui appartiene l’estensore di questo articolo. A costruire il muro dei contratto bancario sono stati mattone su mattone i sindacati: il credito è infatti uno dei pochi settori dove all’azione delle ex confederali (Fiba-Cisl, Fisac-Cgil e Uilca-Uil) perlopiù impegnate al mantenimento del potere d’acquisto degli stipendi rispetto all’inflazione, si è sommata l’azione della Fabi, il sindacato più rappresentativo del comparto, e quella di altre sigle minori autonome. Non solo, laddove il contratto nazionale si depotenziava i sindacati recuperavano a livello aziendale. Dove è stata ottenuta, oltre all’ampia stabilizzazione dei precari, la staffetta generazionale padre-figlio in forme più o meno conclamate. Ad accordi si deve anche il mantenimento di alcune liberalità aziendali come il vantaggio di pagare tassi di interesse di favore su mutui e prestiti.


Ma anche il lavoro del bancario è cambiato: finita l’epoca della specializzazione spinta in filiale (addetto titoli, fidi, bilanci) ora le casemadri chiedono una figura universale e adatta a una struttura orizzontale e per comparti che fa dialogare l’addetto in filiale direttamente con il capo area dello specifico settore, che a sua volta risponde alla direzione generale. Così il direttore di filiale, che nei casi di maggiore inquadramento (quadro direttivo di 4 livello) può percepire 3.500 euro netti al mese, è diventato più che altro un grande organizzatore.

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