Tanto rumore per nulla. Nanni Moretti, di solito benedetto dalla stampa francese e già vincitore sulla Croisette, stavolta torna a casa senza colpo ferire. Zero premi. Pochi applausi, o molti meno di quanti qui in Italia erano stati previsti. Non habemus Nanni, fumata nera del Conclave di Cannes. Almeno Sorrentino, anche se ha preso un piccolo premio quasi di consolazione come l’Ecumenico della Giuria, ha ricevuto molti applausi trasversali e disinteressati. E il suo film This must be the place si godrà un risalto mondiale nettamente superiore. Per dirla tutta, lui stesso aveva ammesso che «con Malick non c’è partita», quindi nessuna recriminazione, neppure sul fatto che, senza dubbio, qualcosa avrà pur pesato l’assenza di italiani in giuria.
Questa è comunque una lezione che dovrebbe insegnare anche al nostro cinema come «contestualizzare» meglio le proteste (quelle sui fondi statali, per intenderci) e a canalizzare con più lucidità le energie. A fare i grandi film sono le grandi idee, non i soldini pubblici. È lo spirito di iniziativa che, con una parola quasi disprezzata dal cotè cinematografico, si può dire imprenditoriale. Sorrentino un po’ lo è stato, imprenditore del proprio estro, e il suo percorso ne è la dimostrazione: è bravo, vuole crescere e ha fatto i conti con il nostro cinema. Poche chiacchiere, avrà pensato. E se ne è andato negli Stati Uniti, portandosi dietro un bagaglio meravigliosamente italiano e imparando a declinarlo secondo il dizionario del cinema mondiale. Avanti tutta: chi ha più energia e più idee e più talento, li usi e vedrete che arriveranno anche i fondi. Le proteste per il Fus tagliato o tagliuzzato, vanno bene per un po’. Ma se sostituiscono tutto, o quasi, il resto, allora no. E anche quest’anno evidentemente il cinema italiano paga a Cannes la sua solita e quasi incurabile autoreferenzialità logorroica che lo porta a trattare temi, a sviluppare «plot» e sceneggiature che difficilmente riescono a essere metabolizzate al di là di Chiasso tanto si rivelano introiettate.
All’estero, dicono in molti, gli spettatori che seguono un film italiano spesso si ritrovano con la stessa faccia di Al Gore l’altra sera da Santoro: incredula, del tipo «che cosa stanno dicendo questi qui?». Niente empatia.
Insomma, l’Italia torna a casa da Cannes senza aver raccolto praticamente nulla, fatta salva la Palma d’Oro alla carriera dispensata a Bernardo Bertolucci nella prima giornata di Festival. E va da sé che il ministro Galan, che a differenza del suo predecessore si è presentato a Cannes, esprima soddisfazione così: «La continua attenzione della stampa e della critica mondiale per i film italiani di questa edizione, dei quali sono stato con grande soddisfazione un acceso sostenitore durante la manifestazione francese, sono state un riconoscimento internazionale alla crescente qualità del cinema italiano».
Che altro avrebbe potuto dire?
Anche Rai Cinema, che in questi giorni distribuisce con 01 il film di Malick nelle nostre sale si limita ad applaudire il vincitore con le parole dell’amministratore delegato Paolo Del Brocco: «Siamo molto contenti della prestigiosa Palma d’Oro assegnata a The Tree of Life di Terrence Malick, l’opera di un grandissimo autore che la critica ha definito un capolavoro assoluto. Un’opera che svela il senso della vita, infonde un profondo senso religioso di fronte all’avventura dell’esistenza umana».
Poi però non può che sottolineare il «dispiacere per il cinema italiano che torna a mani vuote, pur presentando due grandi film come quello di Moretti e di Sorrentino, la loro qualità faceva presagire qualche riconoscimento». Tutto bene. Ma da adesso bisognerà riflettere sul perché non ne sia arrivato neppure uno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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