Fiat, la Cina è tabù Negli Stati Uniti più vicini gli aiuti

BMW Diess, del cda, fa il punto sui negoziati con Torino. Annullato il salone di Londra 2010

Continuano le difficoltà di Fiat Auto in Cina. Non decolla, infatti, l’accordo con il partner Chery. La ragione del rinvio della joint venture è stata motivata da Pechino «con il cambiamento delle condizioni del mercato». «Qualsiasi investimento aggiuntivo - ha precisato il presidente Yin Tongyao, riferendosi ai gruppi esteri che hanno interessi nel Paese - sarebbe difficile in tempi come questi». I piani produttivi, quindi, «non inizieranno quest’anno come previsto originariamente, ma il progetto non è stato accantonato».
Tutto fermo, dunque, come la prospettiva di sfornare in Cina 300mila veicoli l’anno, che l’ad Sergio Marchionne aveva già spostato più avanti rispetto ai progetti iniziali. Vero è che tra Fiat e Chery, dopo la firma della lettera d’intenti, i rapporti si sono via via raffreddati, tant’è che il Lingotto ha cominciato a guardarsi attorno in cerca di un socio più «collaborativo» (si era fatto il nome di Guangzhou). Il destino, inoltre, ha voluto che la stessa Chery, solo pochi mesi fa, rompesse anche le intese industriali già stipulati con Chrysler, candidata sposa del Lingotto. Ma in stand-by, per Fiat, c’è anche l’accordo con Bmw che, rispetto ai programmi iniziali, si presenta ora molto ridimensionato. A fare il punto, con il Giornale, è Herbert Diess, membro del cda del gruppo bavarese e responsabile degli acquisti. «Abbiamo analizzato nel dettaglio la possibilità di condividere la piattaforma per Mini - spiega il manager - e con i colleghi di Torino siamo entrati molto nei dettagli. La nostra Mini, però, ha un’architettura particolare, con le ruote più esterne, il parabrezza piuttosto verticale e la posizione di seduta molto dritta e sportiva. Tutte caratteristiche che hanno reso irrealizzabile il progetto. E così, con Fiat, ora parliamo di altro, per esempio dell’utilizzo di componenti per i motori. Cerchiamo, infatti, un partner per i veicoli a trazione anteriore allo scopo di ottenere considerevoli economie di scala. Lanciata da poco la Mini Cabrio, abbiamo un anno e mezzo a disposizione per definire la piattaformna della nuova generazione. Per i modelli a trazione posteriore ci dobbiamo invece rivolgere ai costruttori che hanno architetture simili alle nostre (Daimler, ndr)».
Dagli Usa, intanto, mentre continua il conto alla rovescia sull’erogazione degli aiuti a Gm e Chrysler (la task force designata da Barack Obama per supervisionare la ristrutturazione di Detroit potrebbe esprimere il proprio orientamento anche prima del 31 marzo), rimbalza una richiesta supplementare di fondi da parte di General Motors: 2 miliardi di dollari per aprile. Di una consistente iniezione di denaro (5 miliardi di dollari) beneficerà invece il comparto della componentistica Usa, in grave difficoltà a causa della crisi del credito e del crollo delle vendite di auto (proprio ieri l’Anfia, che rappresenta la filiera italiana dell’automotive, ha indirizzato al governo una richiesta di aiuti a favore delle 3mila aziende del settore che danno lavoro a 200mila dipendenti diretti e contribuiscono al 3% del Pil). I 5 miliardi concessi negli Usa, insieme ai segnali positivi che arrivano dall’economia brasiliana, hanno giovato a Fiat che in Borsa, ieri, ha guadagnato il 9,9% a 4,71 euro. In attesa che la task force di Washington si pronunci, emergono i primi particolari sulla newco che includerà Fiat e Chrysler.

Sarà questa società, di cui Fiat deterrà inizialmente il 35%, a farsi carico della restituzione, nei tempi concordati, del finanziamento complessivo di 9 miliardi di dollari atteso. La stessa newco potrà contare su un budget per gli acquisti di 80 miliardi di dollari.
Vittima della crisi mondiale è, infine, il salone dell’auto di Londra del 2010, annullato per mancanza di adesioni.

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