Sergio Marchionne è rientrato nella notte dal viaggio-lampo negli Stati Uniti e domani mattina riferirà al presidente Luca di Montezemolo e ai membri del consiglio, riuniti per approvare la prima trimestrale dellanno, lo stato dellarte dei piani di alleanza con Chrysler. Oltreoceano, comunque, continuano a lavorare i manager di Fiat.
Due, secondo indiscrezioni, i team in campo: uno preposto a preparare il terreno affinché, nel momento in cui il 30 aprile si sbloccherà la situazione, si possa passare rapidamente alla fase operativa; laltro, invece, starebbe seguendo da vicino levoluzione del salvataggio di Gm, pronto a cogliere le eventuali opportunità che nascerebbero da uno sdoppiamento del gruppo (ieri il Financial Times ha ripreso, enfatizzandola, lipotesi Opel, mentre lagenzia tedesca Dpa sostiene che Cerberus, che detiene l80,1% di Chrysler, sarebbe pronto ad acquisire fino al 25% di Opel, azione che sarebbe condotta in accordo con Torino). Se vera questultima ipotesi, significa che a spingere Cerberus a ritentare lavventura automobilistica (sinora fallimentare) sarebbe la possibilità che Marchionne si metta al volante del mega-gruppo.
Intanto una fonte vicina a Gm confida al Giornale che «lopzione Torino cè, anche per le attività in Sud America». «Guardiamo con attenzione a tutto», ha ribadito Montezemolo a proposito di altre alleanze per Fiat nel caso sfumasse quella con Chrysler. In questo momento, comunque, lattenzione è focalizzata sulle banche creditrici di Chrysler e sul braccio di ferro con larcigno leader sindacale canadese, Ken Lewenza, che continua a respingere le richieste di riduzione degli stipendi e dei benefici dei lavoratori Chrysler di 15,32 dollari allora. «È vero - afferma da Detroit Bruno Vitali, segretario nazionale di Fim-Cisl, che ieri ha incontrato le delegazioni sindacali di Chrysler e visitato due impianti della casa automobilistica -, il nodo da sciogliere resta quello canadese, Stato dove il costo del lavoro è più alto. Qui nel Michigan, invece, ho trovato un atteggiamento positivo verso lalleanza con Fiat».
Da parte loro le banche e gli hedge fund creditori di Chrysler hanno proposto di rinunciare a 2,5 miliardi di dollari dei 6,9 di crediti che vantano nei confronti del gruppo, in cambio di una quota del 40% nellalleanza tra Chrysler e Fiat.
Su Chrysler, comunque, pende sempre il rischio di fallimento, ipotesi che il Wall Street Journal ha rilanciato ieri. Alcuni funzionari della Casa Bianca sarebbero infatti giunti alla conclusione che non vale la pena salvare la casa di Auburn Hills a causa della sua scarsa offerta di prodotti e della sua assenza dal mercato internazionale. Tutti argomenti, questi, al centro dei colloqui avvenuti in questi giorni tra i rappresentanti del Tesoro, Marchionne, il suo omologo di Chrysler, Bob Nardelli, e il leader sindacale Gettelfinger. Non ha fatto poi una bella figura il top management di Chrysler Financial, che avrebbe rifiutato a inizio aprile un prestito da 750 milioni offerto dal Tesoro per non dover sottostare ai nuovi limiti imposti, a livello federale, sui salari. La Washington Post cita, in proposito, un documento ufficiale. La società giustifica il rifiuto «perché non aveva più bisogno del prestito».
Intanto lalleanza Fiat-Chrysler è stata benedetta dal premier Silvio Berlusconi: «Non so quante siano le chance, ma ho fatto i miei auguri convinti, perché questa operazione possa andare in porto e dia a Fiat una grande spinta, e la possibilità di contare anche nel mondo internazionale e sul mercato americano».
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