Fiat fa il pieno di utili e rialza le stime

I vertici volano in India: tempi stretti per Tata

Massimo Restelli

da Milano

Le nozze con il Crédit Agricole per il riassetto di Fidis, lo sviluppo dell’asse con la russa Severstal e di quello tra Iveco e la cinese Saic: queste le carte «industriali» giocate dall’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, nel giorno della trimestrale. Un banco di prova per Piazza Affari dove il titolo, ben comprato dalla mattinata, ha poi rallentato chiudendo in rialzo dell’1% a 10,7 euro tra scambi per il 2,2% del capitale. Il Lingotto ha comunque registrato risultati superiori alle attese e ha rivisto le stime per l’esercizio in corso: l’obiettivo è ora centrare un utile netto di 800 milioni rispetto ai 700 previsti, un risultato della gestione ordinaria di 1,85 miliardi (1,6 miliardi) per il gruppo e di 250 milioni per l’Auto.
Pieno di profitti per Fiat. Grazie ai buoni risultati delle controllate Fiat Auto, Iveco e Cnh, la trimestrale licenziata dal vertice del Lingotto presieduto da Luca Cordero di Montezemolo ha visto crescere il fatturato del 12,9% a 13,6 miliardi, mentre il risultato della gestione ordinaria è quasi raddoppiato a 659 milioni (più 83,1%; 608 milioni il consensus) e l’utile netto si è attestato a quota 330 milioni (217 milioni nello stesso periodo del 2005).
Numeri (l’indebitamento si è ridotto a 2,3 miliardi mentre la liquidità a fine giugno ha raggiunto 6,7 miliardi) ricalcati dall’Auto che nel semestre ha venduto oltre un milione di veicoli. Abbastanza per convincere Marchionne, che conta di replicare nel secondo semestre, a rivedere gli obiettivi per l’intero anno e a giudicare «raggiungibili» quelli del 2007. Il prossimo dicembre il risultato netto sarà 800 milioni (1,4 miliardi nel 2005, ma al netto delle partite straordinarie aveva chiuso in pareggio) mentre per il cash flow si stimano 1,2 miliardi.
Obiettivo Cina e Russia. Hanno raggiunto quota 11 le intese industriali firmate in un anno e mezzo da Marchionne che ieri ha ufficializzato le mosse di Iveco. A partire, come anticipato dal Giornale, dal rafforzamento della collaborazione con Severstal per la produzione e la distribuzione in Russia del furgone Ducato. Altro approdo la Cina, dove la società guidata da Paolo Monferino ha creato una joint venture con il gruppo industriale Saic e con Chongqing nel settore dei tir. Siglata, poi, la collaborazione per i motori diesel pesanti che coinvolge la divisione Fiat Powertrain Technologies.
Le cessioni e la «carta» Tata. Grande assente è stato ieri l’annuncio dell’atteso asse industriale con l’indiana Tata. «Stiamo lavorando ma è ancora prematuro» ha detto Marchionne agli analisti. La decisione in ogni caso dovrebbe essere ufficializzata a breve, una volta sistemati gli ultimi dettagli. Come sembra confermare la presenza di Ratan Tata al board Fiat e il fatto che in serata Marchionne sia volato in India, dove è in agenda il vertice della multinazionale che potrebbe essere l’occasione per finalizzare l’intesa. Cui si aggiunge, come ha invitato a notare il manager italo-canadese, la scelta di Fiat di cedere il 30% di Ashok Leyland al gruppo Hinduja. Aperto resta poi il fronte alleanze per i motori (in pole ci sarebbe Ford) e la ricerca di un socio con cui condividere la piattaforma della Bravo che andrà sul mercato dal 2011.
Cnh rimane quotata a NY.

Il Lingotto non pensa di riacquistare le quote di minoranza di Cnh, che resterà quindi quotata a New York, così come non è in vista lo scorporo dell’Auto. Il cui deconsolidamento - ha precisato Marchionne - «è stato oggetto di riflessione fino al 2004, ma come caso di studio».

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