Fiat, Marchionne dà la scossa ai suoi uomini

Ferrari: ipotesi Felisa al posto di Todt e ritorno di Brawn

da Milano

Svolta nell’inchiesta sulla regolarità o no dell’equity-swap grazie al quale, tra l’aprile e il settembre 2005, la famiglia Agnelli attraverso la holding Ifil riuscì a mantenere il controllo del 30% della Fiat anche dopo l’esercizio da parte delle banche creditrici del convertendo, l’ingresso cioè di otto istituti di credito nell’azionariato (di quelli originari solo Unicredit, con il 5% del capitale ordinario, figura ora tra gli azionisti del Lingotto).
Tre i rinvii a giudizio chiesti dalla Procura della Repubblica di Torino al Gup, giudice per le udienze preliminari. Riguardano i vertici delle holding a monte del Lingotto, ovvero Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Virgilio Marrone, rispettivamente presidente dell’Ifil e dell’accomandita Giovanni Agnelli & C., consulente legale e consigliere di amministrazione di Ifi e Ifil, amministratore delegato e direttore generale dell’Ifi.
Per i tre top manager il reato contestato (l’indagine è condotta dal procuratore capo Marcello Maddalena e dai pubblici ministeri Bruno Tinti e Giancarlo Avenati Bassi) è quello di manipolazione informativa del mercato, cioè l’ex aggiotaggio informativo. Sull’equity-swap si era già pronunciata la Consob che aveva condannato l’Ifil a una multa complessiva di 16 milioni di euro e inflitto la sospensione dalle cariche societarie a Gabetti (6 mesi), Grande Stevens (4 mesi) e Marrone (2 mesi).
Le sanzioni accessorie sono state poi sospese dalla Corte d’appello in attesa dell’esito del processo la cui prima udienza è stata messa in agenda il prossimo 7 novembre. Gabetti, Grande Stevens e Marrone erano stati indagati per manipolazione dei mercati in relazione ai comunicati diffusi dall’Ifil e dalla Sapaz nell’agosto del 2005 su richiesta della Consob e riguardanti l’andamento in Borsa delle azioni Fiat che apparivano sotto pressione. Secondo Ifil e Giovanni Agnelli & C. non c’erano elementi per spiegare tale andamento e «non era stata intrapresa, né studiata alcuna iniziativa in relazione alla scadenza del prestito convertendo della Fiat». Il 15 settembre fu resa nota l’operazione di equity-swap e la Consob ritenne che le due società avessero diffuso «comunicati fuorvianti».
Nuovi problemi, dunque, per la cabina di regia del gruppo Agnelli. Ai guai giudiziari, infatti, si aggiunge la querelle in corso con Margherita de Pahlen, figlia di Gianni Agnelli, che ha citato a giudizio gli stessi Gabetti e Grande Stevens, insieme a Sigfrid Maron, in qualità di mandatari e gestori del patrimonio dell’ex presidente d’onore del gruppo.


Con questa battaglia legale la figlia dell’Avvocato punta a ottenere un dettagliato rendiconto dei beni del padre.
La vicenda culminerà l’8 gennaio 2008 nell’udienza davanti al tribunale civile di Torino, sempre che la disputa non riservi nel frattempo delle sorprese.

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