RomaIgnoto cronista di Cefalù sbarca a Roma, trova lavoro nel primo quotidiano italiano, soffia la gnocca al direttore, che gli regala pure 170 mq al Pantheon, coprendo porcherie in conto mafia, si pente dessere stato loffio per guadagnarsi un posto al sole e torna bravo ragazzo pezzentello. In sostanza fa questo Giuseppe Fiorello nella fiction (giusto una fiction) tv Lo scandalo della Banca Romana (il 17 e il 18 su Raiuno), dove il bravo attore recita lunica parte inventata di questa smaltata ricostruzione del principio di tutti i nostri crac, con la regia di Stefano Reali. Al posto delle valigette di Tangentopoli, girano bauletti di ferro zeppi di larghe banconote false: siamo a fine Ottocento e il governatore della Banca Romana, Bernardo Tanlongo (Lando Buzzanca), per tener buoni i vampiri politici, dal re a Giolitti, stampa soldi che non ha. Pubblicare la verità sullemissione abusiva di carta moneta? Fatta lUnità dItalia, tutti già tengono tutti per le palle. Così Mattia, il giornalista che dice «A Roma la stampa è libera», prima diffama lispettore che scopre la truffa, poi torna idealista. «Che cè su Canale Cinque, domenica? Maria De Filippi, una cosetta da niente. Letica della Rai è insuperabile. Meglio fare il 30% con una cazzata o il 15%, con una cosa importante?», chiede Beppe al direttore Del Noce, che replica: «Meglio il 30%, con una cosa importante».
Giuseppe Fiorello, perché sempre lei, per raccontare inquietanti spaccati di storia patria?
«Forse perché questi personaggi mi somigliano: anchio sono ingenuo, come Mattia. Però, non scivolerei nella corruzione. Come non scivolo, né mi faccio raccomandare. Non sapevo nulla dello scandalo della Banca Romana. Così, guidato dalla curiosità, ho disegnato un dramma attuale. Vesto abiti ottocenteschi, ma narro un fatto di cronaca moderna».
La fiction, dunque, ha valore educativo?
«Per me sì. Alleducazione del popolo, comunque, pensi lo Stato. Quando ho girato la fiction sulle foibe, che pure ignoravo come fatto storico, sono rimasto choccato. Andando su Internet per farmi unidea ho trovato soltanto «Foibe. Cavità carsiche». Mè venuta voglia di saperne di più e ho letto libri sul tema, che anche la scuola ignora».
NellOttocento ci furono giornalisti pronti ad andare in galera per smascherare i potenti, che pure sfidavano a duello. Oggi?
«Non si può fare sempre giornalismo di facciata. Ormai non si parla più di comunicazione, ma di imposizione da parte del mercato. I giornalisti sono costretti a rincorrere temi meno profondi. E tutto resta a galla, in superficie, gossippato».
A New York per lItalian Fiction Week, poi a Biarritz con Lo scandalo della Banca Romana e Il sorteggio: da uomo-fiction tricolore, dica la sua sullidentità italiana.
«È un momento di confusione. Ma siamo un Paese meraviglioso... Come padre di due bambini piccoli, cerco di dare il buon esempio, interpretando personaggi positivi. Anche la mia storia è emblematica: sono venuto via dalla Sicilia e, lavorando seriamente, mi son fatto largo. Lo scandalo della Banca Romana parla di noi, quando decidiamo di ribellarci alle ingiustizie. Come avvenne allepoca: non siamo tutti figli di Alberto Sordi.
Altri progetti?
«A marzo sarò al cinema con I baci mai dati, una commedia surreale e divertente di Roberta Torre. Interpreto un simpatico padre di famiglia, nella Catania di oggi».
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