da Milano
Lincontro avverrà in privato, forse a Napoli, nelle prossime settimane. Ma davanti alle telecamere della Rai va in scena un primo brevissimo colloquio telefonico: Antonia Custra e Mario Ferrandi si parlano, si salutano, sia pure per pochi secondi, e si danno del tu. Un fatto sconvolgente perché Antonia è la figlia del vicebrigadiere Antonio Custra, ucciso proprio da Ferrandi a Milano nel corso di una manifestazione il 14 maggio 1977. Trentanni dopo, il miracolo innescato da due successive interviste del Giornale. Prima a lei: «Voglio una faccia da odiare, la sua». Poi a lui: «Eccomi. Mi ha dato uno schiaffo violentissimo, non voglio attenuarlo».
Ora il clima è già cambiato. Venerdì, conversando col Corriere della sera, la Custra aveva modificato il suo atteggiamento: «Siamo tutti e due vittime della stessa tragedia». Ora, da Napoli accetta la sfida quando don Mazzi, negli studi Rai di Milano, le passa al telefono lex terrorista. È lui, semmai, a frenare: «Preferisco incontrarti in privato», dice a testa bassa, lo sguardo contratto. «Ciao Mario - parte lei con voce solare - ti incontrerò. Non ti preoccupare, stai tranquillo. A me fa piacere incontrarti. Sono una persona piena damore». Lodio, pietrificato, si è sciolto nel giro di pochi, convulsi giorni. Don Mazzi ne approfitta per fare un passo in avanti: «Potrebbe essere molto importante mettersi attorno a un tavolo e parlare, potrebbe essere unazione importante sia per i figli delle vittime, ma anche per coloro che non sanno nulla di quel periodo». È evidente: cè una generazione che cresce, che non è ancorata al passato e che vuole sapere perchè lItalia sprofondò negli anni di piombo. Perché morirono poliziotti, carabinieri, magistrati, giornalisti, politici. Forse è giunto il tempo per colmare il vuoto lasciato dal balbettio della politica: chi sparò cerca solo loccasione giusta per stabilire un contatto con chi ha sofferto, spesso in silenzio, per decenni. Come Antonia Custra. Lei raccoglie al volo linvito di don Mazzi: «È la cosa più giusta fare questo, per me e per tutti gli altri. Un grande abbraccio a voi». Il Tg3 delledizione lombarda rilancia il colloquio, poi amplificato, quasi in apertura, anche dal Tg1 delle 20. Un percorso può cominciare. Con fatica e il rischio, incombente di questi tempi, di annacquare il dramma in un reality zuccheroso.
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