Il figlio dell’imam celebra la jihad a tempo di rap

A Londra ha suonato davanti a 5mila persone. Le sue canzoni parlano di Hezbollah, kalashnikov e di morte in nome di Allah

Lorenzo Amuso

da Londra

Il padre predicava l’odio dalla moschea di Finsbury Park. Ma ora che Abu Hamza al-Masri è stato condannato a sette anni di carcere, le sue deliranti farneticazioni sono musicate nelle canzoni del suo primogenito, un aspirante rapper. Niente moschee né prediche del venerdì, Mohammed Kamel Mostafa - nome d’arte MC Hamza, anni 24 - affida i suoi messaggi eversivi alla musica. Nei suoi pezzi celebra la jihad (la guerra santa), i kalashinkov e gli Hezbollah, lodando i fratelli musulmani che hanno promesso di morire in nome di Allah. Con il suo gruppo, Lionz Of Da Dezert, ha già suonato davanti a migliaia di persone, a Wembley come all’Università di Oxford. «Sono nato per essere un soldato, il kalashnikov sulla mia spalla, pace ad Hamas e agli Hezbollah, come vuole Allah... viviamo nella jihad, difendo la mia religione con la spada sacra».
Residente a Wembley, nel nord-ovest di Londra, studente fuori corso di Economia, Mostafa riceve i sussidi statali di disoccupazione, 280 euro al mese. Fingendosi produttori musicali, alcuni giornalisti del Sun lo hanno incontrato in uno studio di registrazione. Di fronte alla prospettiva di firmare il suo primo contratto da solista, Mostafa ha accettato di raccontarsi. Con il suo inglese stentato ha assicurato ai suoi interlocutori di saper cantare in turco, inglese e arabo e di avere il potenziale per diventare celebre «in tutto il Medio Oriente». Ambizioso, sicuro di sé, fanatico, il giovane rapper ha confessato di voler uguagliare per popolarità uno dei suoi maestri, Osama Bin Laden: «Sono convinto che posso facilmente vendere un milione di copie. Anzi, un milione non è nulla». Incitamento all’odio e alla violenza a tempo di hip-hop, questa la sua cifra artistica. «Finora mi sono concentrato sui concerti ma c’è un grande mercato là fuori. Sono venuti a vedermi in 5mila a Wembley. Ho già rifiutato una proposta discografica perché mi offrivano troppo poco, 2 euro a disco. Voglio uscire nel mercato che conta, ho imparato come si fa, non ho bisogno di nessuno, sono in grado di produrre la mia musica».
In una sua canzone Mostafa ricorda anche i tre anni in Yemen per scontare una pena per aver partecipato a un attentato ai danni di turisti stranieri. «So guidare ogni mezzo, elicotteri, carri armati, aeroplani. Ho molta rabbia dentro di me. Ma non ho paura. La Jihad è esplicita, tu combatti chi ti combatte, musulmano o no»: parole in musica, in perfetta sintonia con quanto gridato - fino a poco tempo fa - da suo padre, il famigerato Abu Hamza, condannato a inizio febbraio per incitamento all’omicidio e all’odio religioso.

L’imam, privo di un occhio e di una mano persi in Afghanistan combattendo assieme ai talebani, deve ancora rispondere in Gran Bretagna di quindici capi di imputazione, oltre a essere formalmente accusato di terrorismo negli Stati Uniti.

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