Il figlio di Gheddafi: "Il presidente Sarkozy eletto con i nostri soldi"

Il figlio del raìs: "Ci restituisca i fondi usati per le presidenziali del 2007". E intanto procede l’avanzata su Bengasi: "Tutto finito entro 48 ore"

Il figlio di Gheddafi: 
"Il presidente Sarkozy  
eletto con i nostri soldi"

Il fronte continua ad arretrare. Le forze del colonnello libico Muammar Gheddafi hanno bombardato ieri la strategica cittadina di Agedabia, 160 chilometri a ovest di Bengasi, mentre la comunità internazionale fatica a concretizzare l'imposizione di una no-fly zone.
I governi internazionali non trovano ancora un accordo su come arginare la crisi in Libia. La Francia insiste non soltanto sulla necessità di una zona di non sorvolo, che impedirebbe al governo libico di bombardare le postazioni dei ribelli, ma anche sulla possibilità di attacchi mirati contro obiettivi sensibili del regime. Non è ancora troppo tardi, ripete Alain Juppé: il ministro degli Esteri francese, per il quale soltanto l'uso della forza può fermare il Colonnello, fa inoltre sapere che alcuni Paesi arabi potrebbero sostenere un'eventuale azione militare in Libia. «Agiremo soltanto con un mandato del Consiglio di sicurezza e non solo con il sostegno, ma anche con la partecipazione attiva dei Paesi arabi», ha detto. Ieri, Parigi e Londra hanno lavorato per persuadere i membri del Consiglio di Sicurezza della necessità di una no-fly zone. L'Italia, ha spiegato il ministro degli Esteri Franco Frattini, sostiene l'imposizione di una zona di non sorvolo, ma si oppone «a ogni azione unilaterale militare».

Per ora, la comunità internazionale si limita alle parole. E sfruttando l'allungarsi dei tempi diplomatici, Tripoli non ha soltanto sferrato un attacco militare contro i ribelli, ha fatto anche partire una controffensiva mediatica. Seif El Islam, il figlio del colonnello Gheddafi, ha accusato ieri davanti alle telecamere il presidente francese Nicolas Sarkozy di aver usato fondi libici per finanziare la sua campagna nel 2007. «Ci sono le prove e le renderemo pubbliche», ha detto il 39enne in un'intervista a Euronews, chiedendo anche all'inquilino dell'Eliseo la restituzione immediata del denaro.

Seif El Islam ha poi parlato della campagna militare. Ha detto che le forze governative sarebbero vicine a Bengasi e che un'eventuale risoluzione del Consiglio di Sicurezza su una no-fly zone sarebbe inutile, visto che «tra 48 ore sarà tutto finito». Tripoli ha già annunciato la propria vittoria al fronte, che comprende anche Misurata, terza città del Paese in Tripolitania che i ribelli tengono ancora nonostante l’assedio. I rivoltosi raccontano una storia diversa: per loro anche ad Agedabia si combatte ancora e alla televisione di Tripoli «parlano troppi bugiardi». Lo stesso regime di Gheddafi ha dovuto ammettere che ieri la petroliera «Anouar Afrikia», appartenente a una società guidata dal figlio del raìs Hannibal, è stata dirottata ieri sul porto di al-Hrika, presso Tobruk: «Così siamo di nuovo riforniti di carburante», ha detto un rappresentante del Consiglio nazionale di Bengasi.
All'Est però i sostenitori del colonnello e i simboli del regime, scomparsi per intere settimane, iniziano a tornare attivi e visibili.

Agedabia, nodo stradale fondamentale della Cirenaica, è a 160 chilometri da Bengasi. Da Agedabia però, attraverso il deserto, si arriva anche al porto petrolifero di Tobruk e poi al confine con l'Egitto. I militari al potere al Cairo da poche settimane hanno mantenuto aperta la frontiera, garantendo l'accesso di aiuti alimentari e medici.

I ribelli contano moltissimo su questo passaggio vitale e il loro timore è che, invece di buttarsi in una difficile battaglia urbana a Bengasi, le forze del regime possano invece puntare a bloccare il confine, soffocando lentamente la rivolta.

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