Riccardo Signori
A volte segnano. Quelli come Figo. Spesso giochi col nome, ma non ti diverti con i suoi gol. E nemmeno col gioco. Però Figo è uno che gioca. Sempre. Gioca nel senso di impegnarsi, di provarci, di lasciare il segno. Magari sbaglia. Ma gioca. Gli altri giochicchiano, fanno finta di giocare, buttano le partite e il pallone, magari pensano alla fidanzata e alla vita notturna. Figo non ne ha bisogno: ha una bella moglie, è un uomo ricco che non perde occasione per contemplare il bello, soprattutto se si parla di quadri. Ha vinto un Pallone doro, giocato in squadre che contano. Vinto poco con la nazionale, vinto di più con i club. Dunque cosa ci fa allInter? La prima risposta è quella che vale: «Posso sicuramente dare di più». Che vuol dire tutto: «Sono molto esigente con me stesso e so che posso fare meglio». E niente: «Voglio vincere con lInter». Frase scontata sentita pronunciare anche da Pasquale, che domenica giocava nel Parma e qualche anno fa era una promessa dellInter.
Ma Figo è Figo, nel senso di giocatore famoso ed importante che vuol essere bello solo sul campo. Non nei giochi di parole. E questo primo gol segnato con lInter è una ciliegina, non la torta. Da Figo si pretende di più e linteressato ne è al corrente, conoscendo il suo passato e forse non avendo idee chiarissime sul futuro. Era venuto a Milano pensando di vincere. Ora, forse, sta rivedendo il concetto. Però non cè nulla che lo possa far deviare dallessere un ottimo professionista, prima che un grande giocatore. Mancini se lè trovato sul piatto. Forse non avrà fatto salti di gioia, ma di certo ne apprezza le qualità in allenamento, la voglia di essere un punto di riferimento. AllInter non sono poi tanti i professionisti con questa testa.
Ieri era giornata per celebrare lultimo nato (gol, soltanto gol), ma il nostro non ha deviato dalla realtà. «Devo migliorare, non sono contento di quanto realizzato finora. Ho voglia di fare di più. Ho lavorato tanto, ma forse mi è mancata un po di continuità». Non ci vuol molto per disegnare questo inizio di stagione: 16 partite e un gol, che poi è il bottino del portoghese negli incontri con lInter (12 presenze in campionato, 4 in Champions). Non serve bluffare. Figo ha fatto venire il languore a Moratti. Ora deve soddisfarglielo. La sua ricetta è chiara: «Meno sbagli, più vinci». Ma lInter di campionato è al solito refrain di novembre: «Già finita?». E Figo, che poco sa del passato, risponde per il presente: «Sarebbe importante diminuire gli errori, nelle partite perse sono stati più gli errori nostri che i meriti altrui. Di solito giochiamo meglio nel secondo tempo, ma non so spiegare perché. A volte può esser bravura degli avversari». Forse mancano leader. Figo non era venuto anche per questo? Meglio svignarsela in dribbling dal quesito: «Ho una mia personalità, non sono io a dover dire che sono un leader. Vivo nel calcio da una vita e sono contento di quello che sono. Ognuno è leader a modo suo. Abbiamo tutti esperienza internazionale, ognuno può aiutare il gruppo».
Parla di gruppo uno che pare nato, calcisticamente, per la parte del single. Ma davanti a certi mangiapalloni, vestiti di nerazzurro, il nostro è lapoteosi dellaltruismo. E ci resta male quando gli altri non lo imitano. «Ma posso capire: dispiace quando sei davanti al portiere e la palla non ti arriva. Però un attaccante ha il gol in testa e non la molla mai». Quando ha segnato, quel gesto liberatorio ha segnalato che qualcosa rodeva dentro: un giocatore di classe deve lasciare il segno in qualche modo. E finora Figo aveva lasciato la firma solo sul contratto e sugli assegni. «È stato un gesto liberatorio, eppoi tutti attendevano il mio gol». Vero, forse. Magari attendevano anche lInter. Che non cera. E magari non ci sarà più per la lotta scudetto. Figo che ne pensa? «Finché cè vita cè speranza. La Juve non potrà giocare tutto lanno a questo livello. Noi dobbiamo cercare di essere regolari. Solitamente vince sempre la squadra più regolare ed è importante lavorare per questo». Già sentito. Ma forse Figo non lo sa.
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