Il film comico sui titini a Trieste non fa ridere gli esuli

La Seconda guerra mondiale e il dramma delle migliaia di italiani infoibati dal regime titino torna a rendere tesi i rapporti tra Italia e Slovenia. Questa volta a suscitare le reazioni del nostro ministro degli Esteri, Franco Frattini, è stato un film sloveno: «Trieste è nostra». Il film, il cui titolo originale, è «Trst je nas» è una fiction di produzione slovena di soli 27 minuti che rievoca, a modo suo, il periodo della guerra di liberazione jugoslava. La pellicola, infatti, che vorrebbe avere toni parodistici, è ambientata ai giorni nostri e racconta le vicende di un gruppo di uomini addobbati con le divise dei partigiani di Tito. Guidati dal protagonista, Franco, decidono di «liberare» Trieste e di aggiustare le presunte ingiustizie della Seconda guerra mondiale. Ma la moglie di Franco, Maria, non è d’accordo e decide di mettere i bastoni tra le ruote all’impresa perché non vuole rimanere a lavorare da sola in azienda, mentre il marito gioca ai tedeschi e ai partigiani.
Lo «scherzo» però rischia di «riaprire» le ferite della storia: tanto per dire, il titolo riprende pari pari il grido di battaglia del IX Corpus titino, il reparto che fu responsabile di 40 giorni di deportazioni e violenze contro migliaia di italiani alla fine della Seconda guerra mondiale. Ecco perché Frattini si è detto «francamente stupefatto per la decisione dell’Accademia slovena per la cinematografia di finanziare il film e per la decisione della tv di Stato di diffonderlo», come ha affermato in una nota il titolare della Farnesina.
Non solo. Una nota della Farnesina ha anche posto l’accento sul fatto che «tra qualche giorno celebriamo il ventennale della caduta del Muro di Berlino e nessuno dovrebbe permettersi di scherzare sul sangue e sul dolore che l’Europa ha drammaticamente conosciuto». E anche gli esuli istriani, giuliani e dalmati non hanno apprezzato la presunta vis comica slovena: hanno minacciato di denunciare Lubiana alla Commissione europea perché la pellicola riapre dolorose ferite. Tanto più che il cortometraggio dovrebbe essere proiettato proprio oggi alle 20 alla Casa di cultura Srecko Kosovel a Sesana, comune al confine con l’Italia che ha a lungo ospitato quel Mario Toffanin che, come comandante di partigiani comunisti, fu il principale responsabile dell’eccidio di Porzûs.
Da oltre confine il regista del corto, il ventiduenne Ziga Virc, si è invece detto stupito, precisando che la pellicola è stata concepita proprio per prendere in giro i partigiani titini e il retaggio di quell’ideologia. È però evidente che chi è stato cacciato dalla propria casa e ha visto i propri parenti trucidati trovi «sospetto» il fatto che la faccenda venga buttata in burla. Anche perché il dibattito e la ricostruzione storica degli eventi relativi agli eccidi titini è ancora soggetta a tensioni e revisionismi che sono tutt’altro che goliardici.

Ad esempio l’ultimo saggio di Joze Pirjevec, Foibe una storia italiana (uscito per i tipi di Einaudi), ripropone posizioni storiografiche assolutorie dei partigiani comunisti che sembravano ormai morte e sepolte. Tanto che gli italiani dell’esodo vengono etichettati come: «indottrinati dal nazionalismo e dal fascismo a sentirsi razza eletta». E in questo caso non c’è dubbio che non ci sia alcuna ironia incompresa.

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