Accendi la tv e ci sono loro. Apri il giornale e ancora loro. Parli con gli amici e il discorso finisce su di loro. Le case migliori se le prendono (a sbafo) loro. «Loro» li trovi anche online e interagiscono con te, volendo. Chiaro che con un’ossessione così, adesso invadono il cinema. Perché non c’è soltanto Silvio Berlusconi a dominare la scena mentale dei cineasti, fortemente attratti dal soggetto politico, meglio se vivente e fresco di polemica. Sul grande (e piccolo) schermo stanno per dilagare leader inglesi, birmane, americane e, mentre scriviamo, c’è chi stende soggetti su dittatori arabi morti e morituri. Tanto, i soldi si trovano sempre per produrre opere a impatto istantaneo, che fanno discutere e incassano: vedi il successo planetario de Il discorso del Re, sulla figura comunque politica di Giorgio VI d'Inghilterra, o l’attenzione mediatica riservata a The Queen, con Helen Mirren nel ruolo della sovrana britannica, che non si commuove quando il suo popolo piange la strana morte di Lady D.
Se la politica è spettacolo da decenni, lo spettacolo s’è messo a fare politica a modo suo. Un biopic su un membro della casta - meglio se di rango internazionale - pare l’ultimo espediente della settima arte in affanno ovunque, e perciò lesta a rastrellare fondi dalle lobbies, per pilotare consensi, dissensi ed entusiasmi. A Londra è in stato di avanzata lavorazione The Iron Lady (La lady di ferro), film di Phyllida Lloyd su Margareth Thatcher, impersonata dal mostro di bravura Meryl Streep, già in tandem con la regista nel fortunato musical Mamma mia!. Stavolta, però, zero balli&canti: filo di perle al collo, immancabile spilla sul bavero del tailleur rigoroso, capelli cotonati e immoti sulla testa, ecco la sessantaduenne Meryl quale icona perfetta dell’ex-primo ministro inglese, prima donna eletta in quella carica (nel 1979). «Sarà il ritratto intimo d'una donna straordinaria», svela la regista, mentre l’oscarizzata protagonista rilancia: «È una sfida eccitante. Mi accosto al ruolo col massimo zelo». Nei panni del represso signor Thatcher c’è Jim Broadbent, mentre Alexandra Roach ed Henry Lloyd interpretano la coppia nell’età giovanile. Non è la prima volta che Maggie, oggi ottantacinquenne, viene portata alla ribalta: dal dramma tv Margaret (2009) a Margaret Thatcher. The long Walk to Finchley (2008), la lady di ferro ha avuto il suo quarto d’ora di gloria. Meno aggressiva, sul piano estetico, appare l’incantevole Auung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace nel 1991 e leader dell’opposizione democratica in Birmania. A lei, recentemente liberata dopo quindici anni di arresti domiciliari, il francese Luc Besson dedica Dans la lumiére (Nella luce), dramma romantico con Michelle Yeoh starring la carismatica creatura, seguita dal 1988, anno in cui Auung torna in patria, per visitare la madre malata, al 1999, quando muore il marito. Riuscirà convincente l’ex-Bond girl (Il denaro non dorme mai), che attingerà una certa forza interiore dalla sua combattente de La tigre e il dragone? Lo vedremo l’anno prossimo, quando il tredicesimo film di Besson verrà distribuito da Europa Corp. Nel ruolo del marito di Auung, Michael Aris, si cala David Thewlis e anche qui non è la prima volta che la leader birmana va sullo schermo: l’aveva già ritratta John Boorman in Rangoon.
È evidente che la quota rosa avvince, se la rossa Julianne Moore, ora in sala con I ragazzi stanno bene, si appresta a incarnare Sarah Palin, fulvochiomata come lei. Stavolta il biopic è concepito per la tv, con l’americana Hbo pronta a fornire un crudo ritratto dell’ex-governatrice dell’Alaska, decisionista e criticata per le sue prese di posizione reazionarie. La candidata repubblicana alla vicepresidenza Usa (2008) verrà scolpita dalla cinquantenne Moore,col fucile a gli occhiali, così com’è presentata nel bestseller Game Change, scritto da Mark Helperin e John Helleman e fonte d’ispirazione per il regista Jay Roach.
E quando al centro della pellicola non c’è un politico, ecco spuntare Edgar J. Hoover, potentissimo capo dell’Fbi per mezzo secolo (1924-1972). Figura decisiva per le sorti degli Stati Uniti, nel bene e e nel male. Sarà interpretato da Leonardo Di Caprio in J.Edgar, nuovo film di Clint Eastwood.
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