RomaNella verde Umbria cè un bel po di rosso. Che non è solo il colore della giunta di centrosinistra guidata dal governatore Maria Rita Lorenzetti, ma anche il colore della finanza regionale «stressata» dallutilizzo dei derivati. La considerazione non è di carattere politico, ma squisitamente contabile e proviene dalla sezione umbra della Corte dei conti che ha messo in luce i difetti di trasparenza di alcuni contratti stipulati dalla Regione. In particolare, sottolineano i magistrati, si evidenziano la «carenza di autorizzazione» alla sottoscrizione dei derivati. In molti casi, infatti, è stata violata la prescrizione dellarticolo 119 della Costituzione che individua nel consiglio regionale lorgano di indirizzo e di controllo amministrativo. Norma «bypassata» ricorrendo alle deliberazioni della giunta. E non è una questione da poco, perché a fine 2007 il valore dei contratti derivati ammontava a 353,2 milioni di euro (il 47% del debito totale), in aumento rispetto ai 290 milioni del 2006.
Ma ci sono anche altre valutazioni non certo positive. In primo luogo, «luso di operazioni non consentite dalle norme vigenti» e la «mancata considerazione come indebitamento dellupfront». Dietro il termine tecnico «upfront» si cela una possibile trappola: si tratta di unanticipazione in contanti dellintermediario al cliente sulla base di futuri risparmi. Spesso, però, il contante anticipato nasconde condizioni sfavorevoli, come lattualizzazione dei tassi applicati al contratto. Ecco nel dettaglio cosa non funziona nei due derivati stipulati dalla Regione Umbria. Il primo è un Irs (interest rate swap, uno scambio di tassi di interesse) con Jp Morgan Chase da 166 milioni che rinegozia una precedente operazione effettuata con Merrill Lynch a copertura del rischio di tasso su unobbligazione emessa dalla Regione nel 2001. Lente al 30 giugno scorso (prima della deflagrazione della crisi globale, ndr) «non ha conseguito il risparmio ipotizzato».
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