da Roma
Tommaso Padoa-Schioppa ha riprovato a parlare di riforma della legge finanziaria ieri in Consiglio dei ministri. Il primo tentativo laveva fatto a Caserta. E ancora una volta, i ministri lo hanno invitato a prendere in considerazione lipotesi che la riforma delle procedure di bilancio è compito che spetta al Parlamento e non al governo. Tesi sostenuta con particolare veemenza da Paolo Ferrero (Prc).
Così, forse, largomento tornerà ad essere oggetto di discussione di una prossima riunione di governo. Sul tema della riforma della legge finanziaria, il ministro dellEconomia si era presentato questa volta con argomentazioni diverse, rispetto a quelle illustrate alla Reggia. A Caserta aveva indicato una riforma concentrata su tre principi base: rigorosa inammissibilità degli emendamenti localisti e microsettoriali; provvedimenti finanziari spalmati nellarco dellanno, e non solo nella sessione di bilancio; saldi finanziari definiti con il Dpef.
Al Consiglio dei ministri di ieri ha, invece, illustrato la filosofia della riforma. Vale a dire che il bilancio dello Stato non devessere più articolato per centri di spesa (per ministeri), ma per funzioni. In tal modo, i singoli ministeri finirebbero per perdere potere decisionale di spesa, che sarebbe interamente concentrato nelle mani del Tesoro (attraverso la Ragioneria generale dello Stato).
Proprio queste argomentazioni - sollevate da più di un ministro - hanno convinto il ministro a limitarsi a una relazione sul tema, e non a presentare un provvedimento (peraltro non concordato) con gli altri colleghi.
Nella sua relazione, comunque, Padoa-Schioppa ha ipotizzato un coinvolgimento delle strutture parlamentari nellelaborazione della riforma della Finanziaria. Ha annunciato, per esempio, che la proposta finale sullargomento dovrà essere elaborata da una speciale commissione (prevista dalla Finanziaria) alla quale partecipano dirigenti del ministero dellEconomia, di altri dicasteri e funzionari di Camera e Senato.
Nonostante questa «apertura», Paolo Ferrero è rimasto nettamente contrario allo schema di Padoa-Schioppa; così come, dopo Caserta, lo era stato Gennaro Migliore.
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