Finanziaria, il Cav e i ministri contro Tremonti

"Nascosti" i numeri della manovra: Berlusconi infastidito. Il titolare dell'Economia chiama Fini per illustrargli il pacchetto, ma lui lo stoppa: "decide il parlamento". Gli effetti del federalismo: se la Regione fallisce si vota. Sui grandi laghi è già sfida tra i governatori

Finanziaria, il Cav e i ministri contro Tremonti

Roma - L’accoglienza riservata a Giulio Tremonti quando arriva a Palazzo Chigi accompagnato dall’intera squadra del legislativo di via XX Settembre è la fotografia del clima che si respira in queste ore nel governo. Già perché la convinzione dei capi degli uffici legislativi di tutti gli altri ministeri - che come al solito sostano nell’anticamera della sala del Consiglio dei ministri - è che il titolare dell’Economia sia intenzionato a presentare la manovra «a sorpresa». Senza aver cioè illustrato a nessuno neanche una cifra.

E che sul fronte dei numeri ci sia qualche problema non è solo una sensazione, se la riunione che segue il Consiglio dei ministri con Silvio Berlusconi, Tremonti, Gianni Letta e altri ministri si dilunga ben più del necessario e se alla fine è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ad accompagnare al Quirinale Tremonti per illustrare la manovra a Giorgio Napolitano. Anche il Cavaliere, raccontano a Palazzo Chigi, si sarebbe non poco infastidito («Giulio, capisci anche gli altri, è bene che ti coordini con tutti i ministri»). Un po’ perché il titolare dell’Economia avrebbe in qualche modo cercato di «chiudere i rubinetti» anche a Palazzo Chigi, dopo averlo fatto da tempo con quasi tutti i ministeri. Un po’ perché sui numeri avrebbe continuato a essere piuttosto «fumoso», tanto che per una manovra da 26 miliardi in due anni, spiega uno dei presenti, la copertura arriva a 5-6 miliardi e non di più. Gli altri non si capisce da dove arriveranno.
Una situazione resa ancora più tesa dal fatto che Tremonti è intenzionato a forzare al massimo i tempi, tanto da voler chiudere la partita già nel Consiglio dei ministri di martedì (complice l’accelerazione imposta dall’Europa). In verità, il tutto dovrebbe slittare a giovedì, visto che pure Gianfranco Fini non pare affatto convinto delle cifre. Nonostante il ministro dell’Economia lo abbia chiamato personalmente pochi minuti prima di salire al Colle. Una telefonata piuttosto fredda, con Tremonti che illustra i numeri e il presidente della Camera che si limita a un «poi ne parleremo» e comunque «il Parlamento decide in piena autonomia». Non a caso, nella riunione notturna post Quirinale a Palazzo Chigi partecipa anche il ministro Andrea Ronchi, come garante delle posizioni di Fini. Che l’ex leader di An non abbia gradito l’iniziativa di Tremonti lo si capisce dall’idea (più che altro una provocazione) lanciata da qualche finiano: sarebbe il caso di portare la manovra davanti alla direzione nazionale del Pdl, avremmo ben più del 30% dei consensi. Insomma, alla fine, almeno per un giorno, Tremonti riesce a mettere d’accordo Silvio e Gianfranco.

Per quanto riguarda i contenuti, l’entità complessiva dovrebbe essere pari a 26 miliardi, suddivisi su due anni e i macro-capitoli sui quali si pensa di intervenire dovrebbero essere: finestre di pensionamento, spesa pubblica e statali, tagli agli enti locali, sforbiciata agli enti inutili, lotta all’evasione e giochi, tagli a stipendi di politici e dirigenti della pubblica amministrazione. È probabile, inoltre, che il governo sfrutti la manovra per inserire una misura che mette sotto controllo la Protezione Civile. È infatti allo studio una norma che consente al Tesoro di effettuare un controllo preventivo sulle ordinanze del Dipartimento.

Il capitolo delle misure pensionistiche, però, coinvolge anche i palazzi della politica. I due presidenti delle Camere, Renato Schifani e Fini, hanno concordato un blocco di poco più di due mesi per i pensionamenti anticipati dei dipendenti che, spaventati dai tagli in arrivo e dai rinvii delle finestre, potrebbero ricorrere a un prepensionamento massiccio, una sorta di «fuga di massa» verso la pensione. Chiuse temporaneamente le porte, gli uffici di presidenza di Camera e Senato tratteranno con i dipendenti un piano di contenimento della spesa pensionistica, che incide non poco sui bilanci dei due rami del Parlamento (197 milioni di euro a Montecitorio, 83 milioni a Palazzo Madama).

Argomento che Schifani e Fini discuteranno mercoledì in un faccia a faccia.

Intanto, novità in arrivo al ministero dell’Economia dove Daniele Molgora (neo presidente della Provincia di Brescia) lascia la poltrona di sottosegretario alla leghista Sonia Viale.

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